Surfando sull’orlo del caos.
Sulle prime morivano gli uccelli, e
i quadrupedi pensavano che il problema non li riguardasse. Poi ci furono le
prime morti tra le lepri, e le volpi pensavano d’essere immuni. Quando morirono
i primi lupi, ci si rese conto che le mosche bianche avevano portato una
pandemia che colpiva tutti. Si riunirono quindi gli animali del bosco di tutte
le specie, per confrontare i casi. Il vecchio gufo tirò le conclusioni: le
mosche portavano un virus che infettava e portava la morte. Per salvarsi si
doveva fare attenzione, a che le mosche non si avvicinassero a meno di due yard. “Quanto?” chiese il Tasso
che non conosceva l’inglese. “Due volte 0,9144 metri”, rispose un corvo che
aveva girato il mondo.
Nessuno tuttavia spiegò come si
doveva fare per evitare che le mosche si avvicinassero e gli animali di ogni
specie e di ogni località continuavano a morire. “La soluzione può venirci solo
dal bosco”, sentenziò il Gufo, dopo notti insonni di meditazione. “Gli alberi
potrebbero sprigionare una sostanza che fa scappare le mosche bianche. Speriamo
che anche a loro diano fastidio le mosche bianche e che quindi si attivino per
eliminarle”. Ma nell’attesa del bosco si continuava a morire!
A dir il vero on si capisce bene se
questa sia una favola o una leggenda e per questo risulta più difficile la morale. Ci aiuta ancora una volta il prof.
De Toni con il suo saggio sull’orlo del caos, quando scrive che ci si deve
abituare a pensare all’ordine e al disordine come elementi non separati ma
connessi tra loro. Si vive come facendo surf in precario equilibrio tra ordine disordine.
E’proprio in questa precarietà che dal disordine può nascere un ordine nuovo.
E’ la precarietà che suggerisce al Gufo di pensare che la soluzione va ricercata nel bosco, non tra gli animali.
E’ poi il Destino a intervenire con
un tocco di genio, trasformando addirittura
un disastro in un evento benefico.
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