domenica 25 novembre 2012
martedì 6 novembre 2012
Non rottamate la Comunità Carnica!!!.
Ai rottamati capita alle
volte di soffermarsi a considerare ciò che stanno facendo i
rottamatori. Mi sono trovato così ad immaginare l'entusiasmo con il
quale i sindaci della Carnia in carica, stanno interpretando
l'occasione storica che gli è dato a vivere: quella di poter
immaginare e progettare la organizzazione della Carnia del futuro. Li
immagino intenti a trarre insegnamenti dalla storia, riandando ad
esempio a come ci si stava organizzando in Carnia, prima che
arrivassero gli udinesi ad imporre la Repubblica Partigiana del
Friuli.
I Cln comunali che si raggruppavano nei Cln di vallata, per
poi dar vita al Cln della Carnia. Un modello a tre livelli ancora
riproponibile, distinguendo le competenze a livello di municipio, di
vallata e di comunità. Un modello che sarebbe ancora attuale
soprattutto se, il livello superiore, come già proponeva Aulo
Magrini in “Pro Carnia” fosse riservato ad affrontare le
problematiche dello sviluppo del territorio. Una comunità quindi che
assorbe tutti i Consorzi, da quello industriale a quello dello
sviluppo turistico, a quelli legati all'agricoltura, assumendo come
mission lo sviluppo economico del territorio. Una Comunità che ad un
tempo gestisce il tema dell'energia, come quello dei Musei, i
capannoni industriali come il turismo e la cultura.
Una comunità che
acquisisce competenze dalle sopprimende Province, come quelle sulla
viabiltà intercomunale, sulla edilizia scolastica ecc. Una comunità
snella, con un consiglio formato dai Presidenti delle cinque unioni
di vallata, che a turno fanno anche i Presidenti della Comunità, e
una Assemblea dei Sindaci a scopo di indirizzo e di controllo.
L'occasione mi pare
storica per i sindaci perchè hanno la opportunità di ripensare
l'organizzazione alla luce delle opportunità che vengono loro
offerte dallo sviluppo della telematica.
Ci sono già città che
si stanno proponendo come smart city, immagino i sindaci quindi,
soprattutto quelli più giovani, intenti a sviluppare l'idea della
smart comunità.Una comunità intelligente perchè sa utilizzare con
intelligenza le opportunità che la tecnologica offre per migliorare
i servizi e la qualità della vita delle persone. Il front office,
(lo sportello del cittadino) in ogni Comune, o meglio in ogni casa
tramite internet. Il back office invece (il luogo di lavoro dei
dipendenti) trasferito nei Comuni periferici, come modello anche per
le aziende per lo sviluppo del telelavoro, quale modalità
alternativa per lo sviluppo dei territori montani.Il tutto a froonte
d'un massiccio investimento per la diffusione della banda larga, come
premessa per fare della telematica la strada per lo sviluppo dei
servizi di prossimità che rendono più facile la vita in montagna,
telemedicina, teleassistenza e teledidattica (un capannone in meno,
ma ogni aula con la Lim ed ogni scolaro/studente con il tablet, in un
sistema scolastico in rete!).
E il difficile rapporto
tra Tolmezzo e la Carnia? Nella logica della mia riflessione si
potrebbe per paradosso pensare alla eliminazione degli attuali uffici
centrali. La Presidenza intinerante potrebbe portarsi al seguito gli
stessi uffici di presidenza. Del resto il problema di Tolmezzo è
quello di far vivere la periferia: far morire il territorio per
diventare il capoluogo d'un territorio morto non ha nessun senso!
I rottamatori penseranno
che i rottamati la fanno fin troppo facile... In effetti in passato
ero arrivato persino a pensare che si potesse immaginare un Comune
Carnia con 28 Municipi riuniti in Unioni di municipi di vallata.
Penso che ci vorrà ancora qualche generazione perchè si arrivi a
tanto, ma nel frattempo mi auguro che almeno non si rottami il
termine Comunità Carnica, un nome storico, nato dalla
lungimiranza dei padri fondatori, ben prima delle comunità montane.
Mi auguro che i rottamatori si rendano almeno conto che tra Comunità
e Unione di Comuni, c'è più o meno la stessa differenza che esiste
tra matrimonio e unione matrimoniale. La differenza non è solo
nominale! Nomen est omen...
Igino Piutti già
Sindaco di Tolmezzo.
lunedì 27 agosto 2012
La festa del patrono della Carnia.
S.Ilario a Tolmezzo, la festa del
patrono della Carnia. Chi non vi ha partecipato, non sa cosa si è
perso!... La prima domenica dopo ferragosto in Carnia, è riservata alla
festa del Patrono san Ilario. Cioè a dire che non ci sono altre
feste nei paesi, oltre a quella del patrono che si tiene nel
Capoluogo. Le reliquie del Santo che si conservano nel Duomo di
Tolmezzo di anno in anno passano il triduo in una delle Pievi della
Carnia e da lì, ritornano a Tolmezzo per la festa. Di solito con un
corteo di macchine. Un anno da Paluzza sono ritornate addrittura con
una processione di elicotteri. Quest'anno invece dalla Pieve di
S.Maria oltre But, data la vicinanza, sono state portate a piedi.
Dopo la S.Messa concelebrata da tutti
i preti della Carnia c'è stata poi la processione con l'urna del
santo accompagnata dai ventotto labari dei Comuni, e dalle varie
bande.
Poi c'è stato il Palio Carnico das Cjarogiules. Dalla griglia di
partenza di P.zza XX settembre sono partite le 28 slitte ruotate con
le insegne dei 28 Comuni sul circuito di Via del Din, Via Roma, per
quattro giri a staffetta. Avessi visto quanta gente a far tifo ai
bordi! Sì, perchè per il giorno del patrono, il Capoluogo diventa
veramente il luogo d'incontro di tutte le Pro Loco della Carnia.
La forza meravigliosa di questi
volontari!
Ad ogni Pro Loco viene assegnato una
piazza od un angolo ove allesticono il proprio chiosco, richiamando
la sera prima ed ancor più per il giorno della festa, tanta gente
del proprio paese. E quindi il Capoluogo diventa per una volta il
punto d'incontro della gente di Carnia, e punto di richiamo per tutti
i carnici in Friuli ed anche per quelli che vivono all'estero, e
tornano ai paesi per le ferie.
Ma non basta! La festa era iniziata il
giorno prima con l'incontro di calcio tra Celti e Romani allo stadio
di Tolmezzo. La cohorte del Romani, che in realtà sono i carnici di
fuori, era arrivata dalla pista ciclabile che proviene da Amaro,
mentre la tribù dei Celti, i carnici stanziali. era scesa dalla
ciclabile di Arta. Gli uni vestiti da Romani gli altri da Celti a
tifare per la propria squadra nella gara di calcio celtico. Che cosa
è? Non molto diverso dal nostro! Ma si gioca a piedi nudi ed a torso
nudo. Le due squadre si distinguono solo dal colore dei calzoni. Ed
alla premiazione, per risparmiare sui fuochi artificiali, al fischio
dell'arbitro, tutte le montagne attorno si accendono di tanti falò.
Avessi visto che spettacolo! E che foga tra i giocatori! Quanto
impegno per far sì che l'ortopedia dell'ospedale abbia i numeri
necessari per evitare la chiusura. Se avessimo messo lo stesso
impegno nel far aumentare i reati, avremmo senza dubbio ottenuto la
deroga anche per la salvaguardia del tribunale!...
Al di là delle battute! Chi s'è
perso la festa quest'anno, non commetta lo stesso errore il prossimo
anno....
Arrivederci alla festa del patrono del 2013. Semprechè la
profezia dei Maja sulla fine del mondo al 31 dicembre di quest'anno,
(che era anche la profezia della tribù celtica dei Dobes) ce lo
consenta!!!
venerdì 22 giugno 2012
Il lamento di Dante.
Ahi serva Carnia di
dolore ostello
nave senza nocchiere in
gran tempesta
non donna di province,
ma bordello,
se per salvar da Monti
il Tribunale
invece che i tuoi figli
Tondo e Lenna,
devi chiamar l'onnipresente Garibaldi.
giovedì 21 giugno 2012
Libertà: valore nato dalla Resistenza.
A Federico Vincenti Presidente
dell'ANPI provinciale.
(a margine dell'incontro a Paularo per la presentazione del DVD di Ariis - Stefanutti sulle stragi nelle malghe di Paularo)
Mi dispiace di non aver potuto
replicare al suo intervento alla presentazione a Paularo del Dvd “Il
sangue degli innocenti”. Le avrei voluto dire che non si possono
considerare “ambienti ostili ai valori della Resistenza” quelli
che stanno cercando la verità sulla Resistenza. Le avrei detto che
nella Resistenza si devono separare i valori dai fatti. Mettere in
discussione i fatti non è mettere in discussione i valori. Il primo
valore della Resistenza, se non vado errato, è proprio quello della
libertà. Libertà quindi prima di tutto di ricerca, anche e
proprio a partire dai fatti della Resistenza. E proprio sulla base
del valore nato con la Resistenza della libertà nella accezione di
Voltaire: “Non approvo quello che dici ma difenderò fino alla
morte il tuo diritto di dirlo”. Se con le querele, come anche da
lei ipotizzato, attribuiamo a un magistrato che nulla sa della
storia, il potere di decidere sulla verità dei fatti della
Resistenza, che libertà è mai quella che ci è venuta per merito e
con il sacrifico degli eroi della Resistenza? Le semplificazioni sono
contro la verità: non si può dire che sono stati buoni i partigiani
e cattivi i fascisti. Ci sono stati partigiani eroi idealisti, ed
altri meno (per usare un eufemismo!), ci sono stati fascisti spietati
ed altri che si sono comportati da persone perbene.
Mi il problema della verità è forse
un altro! E' che nell'humus della storia passata. si devono affondare
le radici della prospettiva per il futuro. Non ci può essere futuro,
se non si parte dalla verità sul passato. Il fatto che a presentare
il filmato sia stata l'Anpi di Udine, mi ha fatto riandare a quando,
come scrive Lizzero, “furono le grosse personalità politiche del
piano che salirono in Carnia” a costituire la Repubblica Partigiana
del Friuli (non della Carnia!). Forse è proprio lì che sono
cominciati i nostri problemi. Ci è stata propinata una storia che
non era la nostra e ci è stato impedito di costruirci il nostro
futuro. Con buona pace degli udinesi, vorremmo “tornare alla
storia” cercando la verità sui fatti, non per smentire o denigrare
qualcuno, o per inutile curiosità, ma perchè nella verità dei
fatti vorremmo trovare la verità delle cause, la verità dei perchè.
Forse non esiste la verità. Ma già
il desiderio di ricercarla è un valore...anche questo nato nella
Resistenza. Ci sia consentito di realizzarlo, senza mettere di mezzo
la magistratura ad impedire la ricerca, proprio per rispetto di
quanti sono caduti per il loro desiderio di verità e di libertà.
Non so se la verità sul sangue degli innocenti dell'eccidio delle
malghe carniche o del sabato di sangue nella Valle del But, sia
quella della importante ricostruzione fatta da Stefanutti-Ariis, o
quella i Natalino Sollero o Nazario Screm. Forse nessuna delle tre!
Ma con il loro impegno queste persone ci aiutano ad avvicinarci alla
verità. Credo non sia neppure importante raggiungerla, la verità.
Più importante sentire la necessità di cercarla. La libertà deve
essere bisogno di verità...
domenica 29 aprile 2012
domenica 22 aprile 2012
Resistenza: tra mito e storia.
La Resistenza è un mito o una pagina di storia? I miti sono
come le verità di fede, non si discutono, si tramandano a memoria. Se è un mito,
è tempo perso quello impegnato a trasferirlo alle nuove generazioni. Non
credono ai miti! Se è una pagina di storia può (e deve!) essere discussa,
chiamando anche i giovani a partecipare alla discussione. Per me è una pagina
di storia molto importante e sono d’accordo con Mara quando sul blog di
Carnia.La dice che si deve ripartire dalla storia del passato per capire il
presente e progettare il futuro. Ma dalla storia, non dalle leggende! E quindi iniziando
dal ripulire la patina di leggenda che si è sovrapposta alla storia.
Si dice e si scrive che la massima espressione della
Resistenza in Carnia è sempre stata la costituzione della Repubblica partigiana
della Carnia. A mio modesto avviso, la storia va rivista. Sul Gazzettino di
oggi Zanirato molto opportunamente confronta la mia tesi con quella di Romano
Marchetti che ha fatto parte della Giunta Provvisoria. Bravo Zanirato! Così si
fa: due tesi a confronto.
Ma se ho ben capito anche Marchetti conviene con me (o
meglio, io con lui!). C’era in Carnia già dagli anni trenta un moto
autonomistico che sottolineava il valore aggiunto della identità carnica.
Movimento che trova in Aulo Magrini uno dei più convinti assertori nella idea
della Carnia come Consorzio di Liberi
Comuni. Movimento che riemergerà nel dopoguerra con il giornale “Carnia Lavoro” negli scritti di
Gortani, e che si concretizzerà nel CLN della Carnia. (CLN tuttavia, nato come
sviluppo del sottocomitato carnico di Tolmezzo e non della Repubblica di
Ampezzo.)
In questo processo carnico, la Repubblica partigiana del
Friuli (non della Carnia!) con sede ad Ampezzo, costituisce una parentesi
imposta dagli udinesi, che nei suoi quindici giorni di vita ha anche soppresso
i comitati di valle che i carnici avevano appena costituito. Non capisco cosa ci
sia in questo da celebrare da parte dei carnici!
A mio parere si è posto già allora il problema che è riemerso
con l’idea della Provincia dell’Alto Friuli. Esiste ed è un grande valore l’identità
carnica, ma per la dimensione della Carnia se lo si vuole fare coincidere con
una istituzione si devono ampliare i confini, anacquandolo nell’idea di Alto
Friuli ora, immaginando di poter inglobare lo splimberghese ed il maniaghese
allora, di ampliare la competenza alla Valcanale Canal del Ferro nel dopoguerra.
Ma così si finisce per perdere proprio ciò che si vuol valorizzare! L’alternativa,
a mio avviso, è quella che già proponeva Magrini il Consorzio dei Liberi
Comuni, era in fondo questa la mia provocazione (neanche tanto!) sul Comune di
Carnia.
domenica 15 aprile 2012
L’assedio della Carnia.
L’assedio della Carnia.: Una ricerca sulla Resistenza in Carnia vista dalla parte della gente che l'ha subita. Non si sostengono tesi nuove ma si fanno delle nuove ipotesi per aprire un dibattito che porti alla riscrittura d'una storia fin qui troppo spesso annegata nel mare della retorica.http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/758078/L’assedio_della_Carnia.#!
giovedì 12 aprile 2012
Carnia Libera 1944
Sembra che finalmente si sia diradata la nebbia che ha coperto per tanto tempo i fatti di Porzus. Non del tutto perché resta ancora il velo sulla responsabilità politica sui fatti. Si ha l’impressione che tra le specialità della nostra Regione ci sia anche quella della querelabilità della ricerca storica. Si arriva così al paradosso di trasferire ai magistrati la competenza sulla ricerca riguardante la nostra storia recente. Così, come argutamente mi ha commentato uno degli ultimi protagonisti ancora in vita, si finisce per misurare la ragione e il torto sulla capacità finanziarie per resistere nei vari gradi di giudizio.
Lasciando quindi ai posteri la ricerca sulle responsabilità politiche, come su Porzus su tanti altri fatti, per mancanza di disponibilità finanziarie, possiamo almeno assolvere al dovere morale di contribuire a far diradare la nebbia del mito, nel quale si è voluta velare anche la storia della Resistenza in Carnia. A partire dal mito che si è voluto stigmatizzare nel termine Carnia Libera 1944, facendo passare la Repubblica partigiana di Ampezzo come origine del moto dell’autonomismo carnico.
In realtà non c’è mai stata una Repubblica Partigiana della Carnia. Ad Ampezzo si è costituita la Giunta Provvisoria di Governo del CLN Zona Libera Friuli e quindi, in altri termini “la Repubblica Partigiana del Friuli” e la differenza non è solo terminologica. Nell’estate del 1944 in effetti si andava costituendo in Carnia dal basso a fatica un sistema di partecipazione democratica con la formazione dei CLN comunali, che si univano nei comitati di valle, che a loro volta davano vita al CLN della Carnia.
Ma, come ricordo nei miei appunti per un racconto sulla guerra partigiana intitolati l’Assedio della Carnia (http://www.piutti.it) riportando le parole di Mario Lizzero, “è stato il PCI a volere l’istituzione di una Zona Libera dandole una Giunta Provvisoria di Governo e non più un CLN carnico. In vista dell’enormità dei problemi che dovevano essere affrontati e risolti il CLN carnico per la sua stessa struttura e composizione era assolutamente incapace di far fronte ai giganteschi problemi presenti in una Zona Libera tanto vasta”.
In effetti ad Ampezzo si costituisce una Giunta provvisoria di Governo con persone designate a livello provinciale dai cinque partiti più rappresentativi e dalle due formazioni partigiane. A prendere in mano la situazione (per l’incapacità dei carnici!) furono le grosse personalità politiche che dal piano salirono in Carnia come Gino Beltrame per il PCI e don Aldo Moretti per la DC.
Se così sono andate in realtà le cose, ad Ampezzo più che la madre dell’autonomismo carnico, mi pare sia nata la madre degli equivoci che hanno caratterizzato la storia della Carnia nel dopoguerra. E’ evidentemente solo una opinione, o se si vuole una provocazione, per invitare altri a collaborare in un confronto senza pregiudizi, ad una ripulitura della patina di leggenda e mitologia sotto cui si nasconde la vera storia della Resistenza in Carnia
Lasciando quindi ai posteri la ricerca sulle responsabilità politiche, come su Porzus su tanti altri fatti, per mancanza di disponibilità finanziarie, possiamo almeno assolvere al dovere morale di contribuire a far diradare la nebbia del mito, nel quale si è voluta velare anche la storia della Resistenza in Carnia. A partire dal mito che si è voluto stigmatizzare nel termine Carnia Libera 1944, facendo passare la Repubblica partigiana di Ampezzo come origine del moto dell’autonomismo carnico.
In realtà non c’è mai stata una Repubblica Partigiana della Carnia. Ad Ampezzo si è costituita la Giunta Provvisoria di Governo del CLN Zona Libera Friuli e quindi, in altri termini “la Repubblica Partigiana del Friuli” e la differenza non è solo terminologica. Nell’estate del 1944 in effetti si andava costituendo in Carnia dal basso a fatica un sistema di partecipazione democratica con la formazione dei CLN comunali, che si univano nei comitati di valle, che a loro volta davano vita al CLN della Carnia.
Ma, come ricordo nei miei appunti per un racconto sulla guerra partigiana intitolati l’Assedio della Carnia (http://www.piutti.it) riportando le parole di Mario Lizzero, “è stato il PCI a volere l’istituzione di una Zona Libera dandole una Giunta Provvisoria di Governo e non più un CLN carnico. In vista dell’enormità dei problemi che dovevano essere affrontati e risolti il CLN carnico per la sua stessa struttura e composizione era assolutamente incapace di far fronte ai giganteschi problemi presenti in una Zona Libera tanto vasta”.
In effetti ad Ampezzo si costituisce una Giunta provvisoria di Governo con persone designate a livello provinciale dai cinque partiti più rappresentativi e dalle due formazioni partigiane. A prendere in mano la situazione (per l’incapacità dei carnici!) furono le grosse personalità politiche che dal piano salirono in Carnia come Gino Beltrame per il PCI e don Aldo Moretti per la DC.
Se così sono andate in realtà le cose, ad Ampezzo più che la madre dell’autonomismo carnico, mi pare sia nata la madre degli equivoci che hanno caratterizzato la storia della Carnia nel dopoguerra. E’ evidentemente solo una opinione, o se si vuole una provocazione, per invitare altri a collaborare in un confronto senza pregiudizi, ad una ripulitura della patina di leggenda e mitologia sotto cui si nasconde la vera storia della Resistenza in Carnia
mercoledì 11 gennaio 2012
Il sogno del Comune di Carnia.
Sarà stato come riflesso condizionato degli auguri fatti ai Sindaci della Carnia che si accingono a porre le basi statutarie per il Comune di Carnia, ma vero è che mi sono svegliato con il ricordo di un sogno.
Il contesto, (effettivamente un po’ apocalittico!) era quello d’una Carnia nella quale i 28 campanili non si preoccupavano più del terreno su cui avevano calate le fondamenta, ma s’erano lasciati trasportare dal suono delle campane nell’unico cielo, il cielo di Carnia. E nel cielo c’era una nuvola (o meglio un cloud, come dicono gli informatici) nel quale s’erano trasferiti tutti i dati e tutte le informazioni, di qualsiasi tipo riguardanti la Carnia. Sul territorio invece s’era stesa una rete che collegava i 28 campanili. Erano sparite dal vocabolario le voci accentramento o decentramento sostituite dalla parola rete, una sorta di soluzione magica che consente ad ogni nodo di essere importante, collegato ed autonomo allo stesso tempo.
C’era un’unica scuola in rete, la scuola di Carnia, con sezioni dall’asilo nido fino alla scuola media, articolate sul territorio con modalità flessibili sulla base del numero dei frequentanti. Integrata con una rete di trasporti scolastici. Non un sistema centralizzato ma una rete di strutture anche private coinvolte nell’obiettivo di dare a tutti lo stesso servizio efficiente e di qualità.
Così come quello scolastico anche tutto il sistema dei trasporti era gestito in forma flessibile, anche a chiamata, conciliando le esigenze di scolari e studenti con quelle degli abitanti e dei turisti, coinvolgendo i privati in imprese pluriservizio. S’erano definite d’intesa le linee di sviluppo del territorio ed anche quelle dello sviluppo urbanistico, lasciando che ogni Comune adattasse poi le linee generali alle specificità d’ogni territorio. Tutti in rete i vigili urbani, i manutentori, gli addetti ai servizi ma ogni Comune con il suo vigile i suoi manutentori e di suoi addetti di riferimento. (Non con il caos attuale!) Tutti in rete in un progetto “Carnia” di promozione turistica, mettendo in rete le evidenze paesaggistiche, storiche, culturali più significative del territorio, in un progetto di valorizzazione dei prodotti agricoli, artigianali e industriali, diversificando e sviluppando i prodotti sotto l’unico marchio del Made in Carnia, o meglio del Brain in Carnia”.
Con il piano energetico, nel sogno, si era finiti all’autogestione in forma cooperativa della distribuzione a condizioni agevolate dell’energia elettrica prodotta in loco, con vantaggi significativi per i residenti.
Ma chi era a capo del Comune?... Il ventinovesimo sindaco eletto dei ventotto e non certo uno dei ventotto!...
Ma dove era la sede?... Nessuno lo sapeva! Ogni abitante (come ogni studio professionale) entrava nel sistema dal suo computer di casa e lì otteneva tutte le risposte, oppure accedeva allo sportello del cittadino dislocato in ogni Comune ed anche nelle frazioni più importanti. Allo stesso modo poteva partecipare in diretta alle discussioni dei Consigli dell’Unione e di quelli d’ogni singolo Comune, venendo continuamente coinvolto con sondaggi e forum di discussione.
C’erano poi tante altre particolarità che facevano del Comune Carnia un modello a livello nazionale, ma come si sa, al risveglio troppe cose restano impigliate negli ultimi fili di sonno. Poco male se, come spero, i 28 sindaci costituenti, sapranno darci uno statuto-costituzione, ancora più avanzato di quello del mio sogno…
Lo faranno se sapranno cogliere l’originalità d’un momento nel quale declinando assieme cloud computing e rete, si può immaginare un sistema nel quale si rende centrale l’ecosistema nel quale opera il Municipio, e non il Municipio, nel quale il prodotto dell’amministrazione non è l’opera pubblica in sé, ma il servizio reso al cittadino perché sappia cogliere ed approfittare delle opportunità offerte dal territorio.
sabato 7 gennaio 2012
Auguri ai Sindaci della Carnia.
Nomen est omen. Se come dicevano i latini il nome in qualche modo prefigura il destino, mi auguro che i sindaci mettendosi a discutere, con la regia di quello di Tolmezzo, sullo statuto dell’unione di Comuni della Carnia, trovino l’accordo sulla definizione “Comune di Carnia: unione dei Comuni della Carnia”.
Dall’accordo sul nome potrebbe discendere un articolo 1 che attribuisca al nuovo ente l’obiettivo prioritario della valorizzazione dell’identità, nel cui nome potrebbero trovare una interpretazione di ampio respiro i nuovi compiti previsti dalla legge per una visione carnica del turismo, delle attività culturali e di valorizzazione dei beni culturali, della programmazione territoriale e gestione delle politiche energetiche, per una gestione in una ottica carnica dei servizi previsti dalla legge relativi alle attività produttive, al diritto allo studio, all’edilizia ed ai servizi scolastici dagli asili nido alla scuola media.
E’ nei disastri che si trova la spinta per l’innovazione!... Perché non fare d’una legge disastrata e disastrosa una occasione per iniziare un percorso virtuoso di sviluppo della Carnia? Con questa speranza formulo ai Sindaci della Carnia l’augurio di buon lavoro, perché anche attraverso lo Statuto del nuovo ente, possano favorire lo sviluppo di condizioni per un destino di rinascita e di crescita,che trasformi la Carnia da terra di condanna in terra di elezione.
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