sabato 30 novembre 2013

Aquileia presentato il romanzo su Aquileia.

sabato 23 novembre 2013

Aquileia: de urbis ortu.

martedì 19 novembre 2013

Aquileia

Aquileia

Anteprima "Aquileia: de urbis ortu"

Il Circolo Culturale “Enfretors” ha il piacere di presentare in anteprima il romanzo storico di Diego Carpenedo & Igino Piutti Venerdì 22 Novembre 2013 ore 18.00 nella sala C.E.S.F.A.M di Paluzza http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1033706/Aquileia#!

giovedì 7 novembre 2013

Aquileia: de urbis ortu

E' finalmente nelle edicole!!! Aquileia: de ubis ortu. Un piacevole romanzo storico nel quale si dimostra la superiorità dei Karni sui Romani. (sic!) http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/1033706/Aquileia#!

mercoledì 23 ottobre 2013

martedì 10 settembre 2013

giovedì 2 maggio 2013

Una montagna di prossimità.

Nemmeno quel dannato di Silverio che come ha potuto constatare anche Carducci è da mo' che lavora a demolire montagne, sarebbe stato capace di tanto. Dopo una legislatura impegnata a paralizzare l'Agenzia per lo sviluppo della montagna e a demolire le Comunità Montane, s'e pensato alla picconata finale per levarsi dai piedi il problema montagna. Non è dubbio infatti che delegando alla stessa istituzione, come si vuol fare con la legge 14/2011, sia “l'esercizio associato di funzioni comunali che la valorizzazione delle zone montane” si metterà da parte definitivamente il problema dello sviluppo dei territori montani. E' vero che la montagna ha sempre avuto problemi di salute, ma con queste cure sbagliate sta diventando una malata terminale. Ma le vogliamo negare anche le cure palliative? Le vogliamo negare almeno qualche parola consolatoria, ora che è cambiato il medico? Mi piacerebbe le si dicesse che si vorrebbe sperimentare una nuova cura basata sul concetto di prossimità utilizzando il nuovo strumento della rete. Concetto di prossimità da declinare in modi e forme diverse. Prossimità nell'identità per cui si potrebbe pensare ad una legge che favorisca in ogni paese la nascita di una associazione per fare comunità, e che quindi gestisca un punto di aggregazione, e faccia animazione ma possa anche gestire in convenzione con il Comune i beni comunali nel villaggio e soprattutto recuperare il valore della solidarietà “l'antica virtù” all'interno della Comunità di villaggio. Prossimità nei servizi per cui l'Associazione di villaggio di cui sopra potrà gestire su delega del Comune o dell'Azienda sanitaria i servizi alle persone anziane, ma anche ai bambini, il servizio di trasporto di “ultimo miglio”. Prossimità nei servizi scolastici con una scuola in rete che con l'utilizzo delle nuove tecnologie diventa scuola di eccellenza, radicata nel paese ma aperta al mondo. Prossimità d'amministrazione per cui ogni villaggio ha un terminale per entrare virtualmente in Comune ed ottenere dal Comune informazioni e servizi. Prossimità di lavoro recuperando, (d'intesa con le aziende ed il sindacato), l'idea dell'ing.Capellari per la quale se al lavoratore viene risparmiato il disagio d'un ora di viaggio per recarsi al lavoro, può ben regalare mezz'ora del suo lavoro, rendendo così vantaggioso per le aziende il decentramento in montagna di fasi o di settori della lavorazione e rendendo così possibile anche lo sviluppo del telelavoro. Prossimità edilizia, con un Ater che si impegna al recupero delle case vuote in periferia Prossimità nel sostegno all'innovazione con una Agemont incubatore di imprese e centro di innovazione che da Amaro si diffonde ad interessare tutto il territorio montano e tutti i settori dello sviluppo economico. Prossimità da realizzare con lo strumento della rete (o della nuvola!), per la quale tutti i nodi hanno la stessa importanza, non esiste più un centro ed una periferia. Dando quindi priorità assoluta all'investimento nella banda larga. Rete quindi per migliorare l'offerta turistica, rete quindi per dare un valore aggiunto con nuovi mercati alle produzioni locali agroalimentari ed artigianali. Rete insomma per fare d'un territorio una vera Comunità fondata sull'idea della prossimità, mantenendo i Comuni storici come Municipi di prossimità ma facendo rete sui servizi, ottimizzando le gestioni, in un giusto equilibrio tra economie di scala ed esigenze di prossimità.

lunedì 18 marzo 2013

L'Assedio della Carnia.

Paluzza e la sua Chiesa

Con la presentazione del terzo volume, a cura del circolo culturale Enfretors, Giulio Del Bon ha concluso l'impegno che si era assunto di scrivere la storia di Paluzza attraverso la storia della sua chiesa. Paluzza e la sua Chiesa è appunto il titolo che ha voluto dare alla sua opera, pubblicata dal Comune e della Parrocchia. Il primo volume parte dalle origini del paese con gli Etruschi ed i Celti ed arriva al '500. Il secondo si conclude con la caduta di Napoleone. Il terzo, quello oggetto della presentazione che si è tenuta il 16 marzo u.s. nell'auditorium del Cesfam, va dalla dominzaione austriaca nel regno Lombardo Veneto fino ai giorni nostri. Come si è sottolineato negli interventi di presentazione Del Bon ha realizzato per il suo paese in anni di lavoro una opera importante, organica e completa, di oltre 800 pagine, che pochi altri Comuni possono vantare.. Anche il terzo volume da un lato si presenta come una accurata ricostruzione storica, con un apparato bibliografico eccezionale per la meticolosità e per il lavoro di ricerca documentale che sottintende. Dall'altro mette in luce la capacità dell'autore di rendere vivo il racconto facendo parlare i protagonisti, con le parole desunte dai documenti che ci hanno lasciato, e la sua abilità di stigmatizzare in un titolo o in una frase le diverse caratteristiche e situazioni di ogni periodo storico. A ragione si potrebe parlare di racconto storico perchè nel recuperare la storia del suo paese attraverso la storia della Chiesa, Del Bon da un lato di comporta da attento e paziente ricercatore, alla ricerca d'ogni dettaglio che possa spiegare l'evolversi della storia, dall'altro ci mette il sentimento e la passione che gli deriva dal fatto che non si tratta d'un paese o d'una chiesa qualsiasi, ma della sua chiesa, del suo paese. C'è la storia della Parrocchia ricostruita con passione certosina, ma la storia della parrocchia è letta attraverso la storia dei parroci. Le persone, con la loro storia personale danno la cifra per risalire prima e oltre i fatti alla storia del paese. Il terzo volume si apre sul quadro della profonda miseria vissuta dalla Carnia, dopo Napoleone. Del Bon ci porta a leggere il periodo con i dati di 15 bambini morti per tosse paiana, di 30 per infiammazione alle fauci di 44 di vaiolo, di 9 di morbillo, ma poi ci fa entrare a capire come si viveva riassumendo i dati in una unica frase: “si poteva morire sin dal momento in cui si veniva al mondo. Ci dà i dati dell'imponente fenomeno dell'emigrazione verso l'Austria-Ungheria, anche con i nomi degli emigranti morti all'estero. Ma ci fa vivere e sentire il fenomeno sotto il profilo umano con una foto di fine Ottocento, del passo di Monte Croce ancora attraversato da una sconnessa carrareccia accompagnata da un commento che dice tutto: “la vecchia strada che portava al passo di monte Croce vide transitare file di operai con le cigolanti carriole che avrebbero poi utilizzato nel lavoro e servivano al trasporti dei bagagli” L'esperienza dei paluzzani sudditi degli Asburgo viene vista con gli occhi dei parroci cui viene riconosciuto un ruolo importante, di ufficiali d'anagrafe e di maestri elementari. Ma l'esperienza della gente viene raccontata con i Te Deum con i quali si accompagnano gli eventi felici della Corona, o la novena con la quale si partecipa alla meternità dell'imperatrice Sissi. Poi nel '66 dopo il breve momento delle Carnia divisa al Vinadia con l'Armistizio di Cormons, il passaggio all'Italia. Un passaggio in perdita per la Chiesa, con l'Italia caratterizzata da un diffuso anticlericalismo. La fine del secolo è segnato dal movimento centrifugo delle parrocchie che vogliono staccarsi dalla Pieve di S.Pietro e poi dei singoli paesi che puntano ad una loro autonomia chiedendo che le vicarie vengano elevate a parrocchia. Un moto per l'autonomia dei campanili che può stare alla base del campanilismo che caratterizzerà la successiva storia dei paesi. Il decennio d'oro della Carnia nell'età giolittiana vede Paluzza all'avanguardia. Nel 1902 nasce la società operaia di Mutuo soccorso, e la scuola per operai.Nel 1905 la Cooperativa di lavoro di S Giuseppe, nel 1906 la Cassa rurale di S.Maria del Carmine e poi il panificio e già prima le latterie quasi in ogni frazione, e infine nel 1911 la grande intuizione della Secab, la cooperativa per lo sfruttamento a fini energetici dell'acqua del Fontanone.. Poi arriva la prima guerra mondiale, con il fronte a due passi l'eco delle battaglie sul Palk Piccolo e Pal Grande, e i bombardamenti, e poi la disfatta di Caporetto e l'esodo d'un terzo della popolazione. Un racconto senza enfasi, di dolori più che di gloria. Anche quello delle famose portatrici che il generale Diaz definirà “belle ed eroiche” , una epopea che Del Bon non vuole smontare, registra soltanto che ci sono stati 86 bimbi illegittimi nel periodo della guerra. Una precisazione, nello stile che è propria di tutto il racconto, e che don Puntel nella sua presentazione ben sintetizza quando dice che Del Bon vuol lasciare “al lettore di trarre le debite conclusioni”. Un rilievo particolare nel terzo volume assume il capitolo sul periodo della guerra partigiana, con un titolo che anticipa in maniera esaustiva il contenuto: 1943-1945 Paluzza nella Bufera . Cronaca di una lunga notte. In 45 pagine Del Bon riesce a fare una ricostruzione sintetica ma organica del periodo della Resistenza nella valle del But. La modestia lo porta a titolare “cronaca” ma in realtà è un tentativo riuscito, pur nell'estrema sintesi, di ricostruire la storia, di dare una propria interpretazione dei fatti. Senza animosità, senza mettersi né da una parte né dall'altra, cercando la verità con onestà intellettuale. Nel dubbio riporta le diverse interpretazioni, con un interesse puntato più che sulla ricostruzione dei singoli episodi, sulla ricostruzione di come la gente di Carnia ha vissuto quel periodo. Una storia dalla parte della gente, cercando di capire i perchè. ricostruendo la successione dei fatti, resa evidente già nei titoli dei paragrafi. Il contesto: il Litorale Adriatico. Le prime incursioni partigiane. I rastrellamenti tedeschi. “la triste Pentecoste” e il giorno di S.Giovanni. L'agguato di Noiaris. Il voto di Paluzza. Le scorribande in Austria. La squadra degli Eccidi. La strage di Pramosio. Il 22 luglio. L'intervallo partigiano. Le truppe russe nell'alta valle del But.Cronaca del periodo di occupazione caucasica. Finalmente Liberi. Un' unica domanda si pone Del Bon, riservandosi di riprendere e sviluppare l'argomento della Resistenza in un momento successivo. Perchè tanta atrocità, proprio nella valle del But? Come è solito, lascia che sia il lettore a darsi una risposta. Anche se poi non manca di sottolineare come la valle sia attraversata dall'imporante via di collegamento tra l'Italia e la Germania. Per Del Bon gli eroi di questa dolorosa pagina di storia per la Carnia non sono i partigiani ma la gente di Paluzza che il 16 luglio si riunisce in Chiesa per celebrare la Madonna del Carmine e, terrorizzata perchè sente incombere la tragedia, fa il voto di erigere l'altare che ancora manca. Dalle vicende d'una inutile guerra civile emerge la figura del Parroco don Gorizizzo, non un eroe, ma uno che “picchiando alle porte degli Alti Comandi per implorare clemenza” evita alla sua parrocchia la sorte dell'incendio che era già toccata a Forni di Sotto. Al senso pratico di Don Gorizizzo si deve anche la costruzione del nuovo duomo. Un opera alla quale si era iniziato a pensare già nel 1859. Ma solo nel 1909 con il parroco Capellari che era anche architetto e capomastro si era passati al progetto. Imponente, in stile gotico. Ma bocciato dalla Soprintendenza perchè non risolveva adeguatamente la collocazione della cappella quattrocentesca della vecchia chiesa. Don Gorizizzo, entrato come parroco nel 1914, risolve la questione affidando il progetto al Soprintendetene dei Munumenti Nazionali. Sblocca così il progetto, la costruzione non sarà gotica ma romanica ma si farà. E infatti il 5 marzo del 1926 si farà la festa per l'inaugurazione.. Il terzo volume si chiude con un capitolo intitolato “Guardando al futuro con speranza” che si riferisce a tutti i tre volumi. L'obiettivo del lavoro era quello di rileggere la storia del passato per poter immaginare il futuro da costruire, rivangare le radici perchè riprendano nuova forza le fronde. E' questo il senso che l'autore ha voluto dare a tutto il suo lavoro quando, concludendo, scrive appunto: “Il tempo in cui viviamo è distante anni luce da quando si ebbero le prime scarne notizie dei nostri villaggi. Ma l'uomo rimane sempre quello, con le sue aspettative e le sue frustrazioni, con le sue amarezze e le sue ansie, con le sue certezze ed i suoi dubbi. L'uomo è capace di amare o di odiare, di perdonare o d non dimenticare, di avere grandi slanci di generosità oppure di chiudersi in un gretto egoismo”. Per una recensione più accurata dell'opera vedi anche Cjargne Online http://www.cjargne.it/libri/paluzzachiesa.htm

sabato 19 gennaio 2013

PIEDIM E LA SO INT

Mi è stato dato l'onore ed il piacere di presentare il libro Piedim e la so Int. Piacere perchè guardando alle foto della storia di Piedim, ho rivissuto quella del mio paese, come quella d'ogni piccolo paese di Carnia. Onore perchè presentare è come mettere la parola fine su un lavoro, il timbro di convalida. Ed è per me stata un onore presentare un libro di così alta qualità, mettere la parola fine ad una impresa di così alto livello come quella che ha portato a realizzare questo libro. Tanti altri paesi hanno raccolto e pubblicato fotografie, quello di Piedim non un è un album, ma il risultato di un lavoro scientifico come sottolinea Maria Cristina nella sua presentazione. Si è partiti dall'idea di ricostruire la storia del paese, ricostruendo gli alberi genealogici, per risalire indietro nel tempo per quanto possibile, riprendendo la passione di Don Roja il prete al quale dobbiamo il salvataggio di tanti archivi parrocchiali della Carnia. In tutti i paesi nei quali ha prestato servizio da Fusea a Pesaris ci ha lasciato le sue ricerche sugli alberi genealogici. E' il sistema più adatto per ricostruire la vita, prima che la storia dei paesi perchè gli alberi genealogici sono appunto un racconto vivo di nascite, di morti, di matrimoni all'interno del paese e di innesti con altri paesi in una trama che è la trama della storia della Carnia. Dietro ai rami di quegli alberi, dietro alle date c'è il mistero delle coincidenze, del destino che si fa vita degli individui per diventare vita del paese. E le foto (la sceonda parte della ricerca) si sono aggiunte, come logica conseguenza, come è logico che a primavera un albero dia le foglie. Un lavoro eccezzionale in assoluto, ancor più perchè realizzato da un dei borghi più piccoli della Carnia. Una presentazione organizzata in maniera scientifica, con la divisione in sezioni, con le indicazioni su ogni foto, con l'indice dei nomi in fondo come in un vero lavoro scientifico. Le sezioni in una loro successione logica: Ciantons di pais,(i luoghi come erano, dagli angoli di Piedim a Rinch), ma i luoghi hanno un fascino, sanno suscitare una suggestioni se li immaginiamo con le persone che vi hanno vissuto. Mi hanno colpito le foto delle passerelle sul Chiarsò o sul rio Poi, quasi simbolo della precarietà della vita in Carnia. La seconda sezione come dice anche il titolo Piedim e la so Int è dedicata alle persone, o meglio a Las famees perchè nella cultura carnica la famiglia viene prima e al di sopra della persona, E dalla gente alla storia, in un secul di ricuarts, istantanee di pagine di vita in paese e dall'estero a sottolineare che la storia di Piedim come quella di tutti i paesi della Carnia è storia d'emigrazione in ogni parte del mondo dall'Austria alla Francia dalla Germania all'Argentina, luoghi ove i piedimòs sanno farsi valere ed apprezzare come si può notare dalle facce e dagli abbigliamenti. Sembra veramente che i nostri paesi siano come dei vivai dove le piante mettono le radici, ma se poi vengono trapiantate altrove diventano particolarmente fiorenti. In queste foto ritrovo il vivere di paese come vivere la prossimità nei suoi aspetti negativi e positivi E poi la sezione Int di glesie, che era già stata anticipata dalla foto dell'arrivo delle campane, (asportate nel giugno del '18) perchè la storia dei nostri paesi era scandita dalle feste dalle processioni, da una fede calata nel paese come elemento portante della identità di paese. E poi il futuro delle sezioni Nuviçs e Canais, perchè la speranza di vita d'un paese sta nei matrimoni e nei bambini. Ma la speranza è tanto più grande quanto più profonde sono le radici e la presentazione si chiude con il tentativo di risalire alla scoperta delle radici più profonde nella sezione Int di chel altri secul. Con i limiti imposti dalla storia della fotografia che si afferma soltanto nella seconda metà dell'800. Dove non arriva la fotografia arriva la ricerca d'archivio sugli alberi genealogici che risale molto addietro nel tempo e si fonde con la ricerca storica, breve ma puntale nella presentazione di Maria Cristina che ricorda l'origine del nome secondo la ricostruzione di Ezio Banelli, Ai Piedi di Lovea. La prima citazione in qualche documento nel 1505, (dopo la peste del 1439?) ma nel 1606 si sostiene che Piedim è ancora soltanto un casolare con sei abitanti che vivevano utilizzando la “comugne” i prati di proprietà comunale. Il settecento in Europa è il secolo della rivoluzione industriale e la rivoluzione arriva fino a Piedim che diventa per quei tempi una vera zona industriale con ben due segherie e due mulini, Così, oltre ad essere bravi menàus come in tutto l'Incarojo, l'utilizzo del Chiarsò per la fluitazione dei legname della valle fa sì che gli abitanti di Piedim si specializzino come ciattàrs o ciattarui. Le due segherie consentono un apprendistato che fa dei Piedimos esperti segantini e delle donne esperte filere.. Le ultime foto ci rimandano alla prima guerra mondiale. Il fronte è a breve distanza. Scrive don Facci parroco di Lovea il 14 settembre del 15 Alle nove circa un aeroplano nemico passa la frontiera e vola sulla Carnia, è il primo aereoplano che solca il cielo carnico, nel popolo un senso acuto di stupore e di timore”. E il 25 novembre del 1916 in un boschetto vicino a Piedim nel Selet-Predenon cade l'aereo abbattuto da Francesco Baracca, secondo quel che racconta Guido della Schiava. Ma la foto capolavoro è quella che giustamente è stata messa in copertina. Nel 1926 il duce dà inizio alla bonifica della palude Pontina. Nel 27 i piedimòts danno avvio alla bonifica del Clap di Piedim, si mettono in pratica a spianare montagne!!! Sull'esempio del coraggio dei loro nonni non mancherà certo il coraggio ai ragazzi di Piedim che hanno realizzato questa impresa capolavoro, di dedicarsi ad una terza parte per riscrivere nei dettagli la storia del loro paese. Sarà un modo per scoprire il senso profondo delle proprie radici per ritrovare il valore della propria identita, con l'augurio appunto che: l'albero della vostra vita abbia fronde vigorose e dia frutti copiosi quanto saranno profonde le radici che saprete mantenere con la terra nella quale ha trovato linfa il vostro esistere.