lunedì 9 giugno 2008

Carnici per la Carnia.

I personaggi carnici per la Carnia.
Il prof.D’Avolio Dirigente dell’Istituto comprensivo di Arta e Paularo è intervenuto in questi giorni con due distinti articoli, cercando invano di provocare un dibattito. In uno ha ricordato come dalla scuola di montagna, dal Liceo scientifico di Tolmezzo (e non solo!) , siano uscite le persone oggi leaders della politica, dell’economia e della cultura a livello regionale o provinciale: dal Presidente della Regione, al Rettore dell’Università di Udine, al Presidente della Camera di Commercio. In un altro articolo invece ha criticato il fatto che la Comunità Montana della Carnia nel suo piano di sviluppo non abbia previsto un asse “saperi e competenze” come asse portante dello sviluppo di un territorio. Senza entrare nel merito, vorrei solo osservare che, collegando le due provocazioni, ne potrebbe nascere una terza. Come mai ci si potrebbe chiedere il territorio che è capace di esprimere competenze in grado di guidare la Regione, l’Università di Udine, la Camera di Commercio, l’Ente Fiera ed anche l’Arcidiocesi, non è in grado di esprimere le competenze necessarie per superare il ritardo di sviluppo del proprio territorio?... La risposta storica a questa domanda è che il carnico si esprime meglio all’esterno del suo territorio. Non a caso moltissimi carnici in Italia ed all’estero sono diventati imprenditori ed hanno assunto ruoli importanti. In Carnia la competizione si sviluppa non nel far meglio, ma nell’impedire agli altri di fare. Si è affermata una sorta di casta del “chi meno fa”, fatta di persone più preoccupate di evitare la crescita degli altri, che di pensare alla propria crescita. Cercando delle spiegazioni sul piano culturale si potrebbe dar la colpa all’invidia, che da tempo si è affermata come la più grande “virtù” dei carnici, o si potrebbe persino pensare al retaggio di una cultura anarco-socialista che ha percorso il panorama culturale delle montagne carniche nel secolo scorso. Ma porteremmo il dibattito su un piano che non ci interessa!…
Restando nel concreto sarebbe più interessante chiederci perché i nostri personaggi, dai punti di potere conquistati a livello regionale o provinciale, non hanno voluto o saputo pensare alla Carnia, con il riguardo e l’interesse con cui è logico si guardi al proprio paese d’origine.
Uno dei problemi richiamati in tutti i documenti regionali e provinciali è il ritardo di sviluppo della montagna. All’interno dei territori montani la Carnia ha una sua peculiare caratterizzazione e omogeneità, per cui può essere individuata come ambiente ideale per la sperimentazione di progetti pilota da estendere poi a tutta l’area montana.
Le Regioni a statuto ordinario stanno già lavorando alla riforma delle Comunità Montane. Noi in passato eravamo Comunità Carnica prima ancora d’essere comunità montana, perché non potremmo sperimentare il modo di essere delle comunità montane del domani? Perché la Camera di Commercio non può immaginare un coinvolgimento nuovo e diverso delle categorie economiche nello sviluppo di un territorio ?… Perché Udine Fiere non può pensare per la Carnia, qualcosa che riproponga per la nostra Regione, ciò che è per il Veneto Longarone Fiere?… Perché l’Università invece di disseminare sul territorio inutili facoltà, non articola sul territorio i suoi centri di competenza, e fa del CIT di Amaro un centro pilota per un diverso modo di intendere il rapporto Università e Territorio?... Perché la stessa Chiesa udinese non sviluppa sull’Arcidiaconato della Carnia il progetto per un modo nuovo di rapportarsi con i territori di montagna?…Perché infine, considerando carnico per matrimonio, anche il Presidente dell’Area di ricerca di Trieste, non fare in modo che anche un Centro nazionale di ricerca come l’Area, si misuri con il problema dei territori in ritardo di sviluppo, ed apra un suo centro di competenza in Carnia?
Se non fosse che ho da sempre problemi di digestione, cercherei di organizzare una cena di lavoro tra questi personaggi, assumendo come tema: “Che cosa ognuno di noi, può inventarsi per far in modo che la Carnia smetta di lamentarsi di essere una terra di sofferenza e di dolore?”...
Girando attorno alla tavola, come attorno a quella del ricco epulone di cui parla il Vangelo, chissà che anche i poveri carnici, che non sono stati in grado di uscire dal loro territori e di aprirsi al confronto con altre culture, recuperando le briciole di una mensa così importante, non riescano a convincersi della priorità dei saperi e delle competenze, per porre le basi per lo sviluppo del loro territorio! Con buona pace del prof. D’Avolio, che carnico non è…