lunedì 18 marzo 2013

L'Assedio della Carnia.

Paluzza e la sua Chiesa

Con la presentazione del terzo volume, a cura del circolo culturale Enfretors, Giulio Del Bon ha concluso l'impegno che si era assunto di scrivere la storia di Paluzza attraverso la storia della sua chiesa. Paluzza e la sua Chiesa è appunto il titolo che ha voluto dare alla sua opera, pubblicata dal Comune e della Parrocchia. Il primo volume parte dalle origini del paese con gli Etruschi ed i Celti ed arriva al '500. Il secondo si conclude con la caduta di Napoleone. Il terzo, quello oggetto della presentazione che si è tenuta il 16 marzo u.s. nell'auditorium del Cesfam, va dalla dominzaione austriaca nel regno Lombardo Veneto fino ai giorni nostri. Come si è sottolineato negli interventi di presentazione Del Bon ha realizzato per il suo paese in anni di lavoro una opera importante, organica e completa, di oltre 800 pagine, che pochi altri Comuni possono vantare.. Anche il terzo volume da un lato si presenta come una accurata ricostruzione storica, con un apparato bibliografico eccezionale per la meticolosità e per il lavoro di ricerca documentale che sottintende. Dall'altro mette in luce la capacità dell'autore di rendere vivo il racconto facendo parlare i protagonisti, con le parole desunte dai documenti che ci hanno lasciato, e la sua abilità di stigmatizzare in un titolo o in una frase le diverse caratteristiche e situazioni di ogni periodo storico. A ragione si potrebe parlare di racconto storico perchè nel recuperare la storia del suo paese attraverso la storia della Chiesa, Del Bon da un lato di comporta da attento e paziente ricercatore, alla ricerca d'ogni dettaglio che possa spiegare l'evolversi della storia, dall'altro ci mette il sentimento e la passione che gli deriva dal fatto che non si tratta d'un paese o d'una chiesa qualsiasi, ma della sua chiesa, del suo paese. C'è la storia della Parrocchia ricostruita con passione certosina, ma la storia della parrocchia è letta attraverso la storia dei parroci. Le persone, con la loro storia personale danno la cifra per risalire prima e oltre i fatti alla storia del paese. Il terzo volume si apre sul quadro della profonda miseria vissuta dalla Carnia, dopo Napoleone. Del Bon ci porta a leggere il periodo con i dati di 15 bambini morti per tosse paiana, di 30 per infiammazione alle fauci di 44 di vaiolo, di 9 di morbillo, ma poi ci fa entrare a capire come si viveva riassumendo i dati in una unica frase: “si poteva morire sin dal momento in cui si veniva al mondo. Ci dà i dati dell'imponente fenomeno dell'emigrazione verso l'Austria-Ungheria, anche con i nomi degli emigranti morti all'estero. Ma ci fa vivere e sentire il fenomeno sotto il profilo umano con una foto di fine Ottocento, del passo di Monte Croce ancora attraversato da una sconnessa carrareccia accompagnata da un commento che dice tutto: “la vecchia strada che portava al passo di monte Croce vide transitare file di operai con le cigolanti carriole che avrebbero poi utilizzato nel lavoro e servivano al trasporti dei bagagli” L'esperienza dei paluzzani sudditi degli Asburgo viene vista con gli occhi dei parroci cui viene riconosciuto un ruolo importante, di ufficiali d'anagrafe e di maestri elementari. Ma l'esperienza della gente viene raccontata con i Te Deum con i quali si accompagnano gli eventi felici della Corona, o la novena con la quale si partecipa alla meternità dell'imperatrice Sissi. Poi nel '66 dopo il breve momento delle Carnia divisa al Vinadia con l'Armistizio di Cormons, il passaggio all'Italia. Un passaggio in perdita per la Chiesa, con l'Italia caratterizzata da un diffuso anticlericalismo. La fine del secolo è segnato dal movimento centrifugo delle parrocchie che vogliono staccarsi dalla Pieve di S.Pietro e poi dei singoli paesi che puntano ad una loro autonomia chiedendo che le vicarie vengano elevate a parrocchia. Un moto per l'autonomia dei campanili che può stare alla base del campanilismo che caratterizzerà la successiva storia dei paesi. Il decennio d'oro della Carnia nell'età giolittiana vede Paluzza all'avanguardia. Nel 1902 nasce la società operaia di Mutuo soccorso, e la scuola per operai.Nel 1905 la Cooperativa di lavoro di S Giuseppe, nel 1906 la Cassa rurale di S.Maria del Carmine e poi il panificio e già prima le latterie quasi in ogni frazione, e infine nel 1911 la grande intuizione della Secab, la cooperativa per lo sfruttamento a fini energetici dell'acqua del Fontanone.. Poi arriva la prima guerra mondiale, con il fronte a due passi l'eco delle battaglie sul Palk Piccolo e Pal Grande, e i bombardamenti, e poi la disfatta di Caporetto e l'esodo d'un terzo della popolazione. Un racconto senza enfasi, di dolori più che di gloria. Anche quello delle famose portatrici che il generale Diaz definirà “belle ed eroiche” , una epopea che Del Bon non vuole smontare, registra soltanto che ci sono stati 86 bimbi illegittimi nel periodo della guerra. Una precisazione, nello stile che è propria di tutto il racconto, e che don Puntel nella sua presentazione ben sintetizza quando dice che Del Bon vuol lasciare “al lettore di trarre le debite conclusioni”. Un rilievo particolare nel terzo volume assume il capitolo sul periodo della guerra partigiana, con un titolo che anticipa in maniera esaustiva il contenuto: 1943-1945 Paluzza nella Bufera . Cronaca di una lunga notte. In 45 pagine Del Bon riesce a fare una ricostruzione sintetica ma organica del periodo della Resistenza nella valle del But. La modestia lo porta a titolare “cronaca” ma in realtà è un tentativo riuscito, pur nell'estrema sintesi, di ricostruire la storia, di dare una propria interpretazione dei fatti. Senza animosità, senza mettersi né da una parte né dall'altra, cercando la verità con onestà intellettuale. Nel dubbio riporta le diverse interpretazioni, con un interesse puntato più che sulla ricostruzione dei singoli episodi, sulla ricostruzione di come la gente di Carnia ha vissuto quel periodo. Una storia dalla parte della gente, cercando di capire i perchè. ricostruendo la successione dei fatti, resa evidente già nei titoli dei paragrafi. Il contesto: il Litorale Adriatico. Le prime incursioni partigiane. I rastrellamenti tedeschi. “la triste Pentecoste” e il giorno di S.Giovanni. L'agguato di Noiaris. Il voto di Paluzza. Le scorribande in Austria. La squadra degli Eccidi. La strage di Pramosio. Il 22 luglio. L'intervallo partigiano. Le truppe russe nell'alta valle del But.Cronaca del periodo di occupazione caucasica. Finalmente Liberi. Un' unica domanda si pone Del Bon, riservandosi di riprendere e sviluppare l'argomento della Resistenza in un momento successivo. Perchè tanta atrocità, proprio nella valle del But? Come è solito, lascia che sia il lettore a darsi una risposta. Anche se poi non manca di sottolineare come la valle sia attraversata dall'imporante via di collegamento tra l'Italia e la Germania. Per Del Bon gli eroi di questa dolorosa pagina di storia per la Carnia non sono i partigiani ma la gente di Paluzza che il 16 luglio si riunisce in Chiesa per celebrare la Madonna del Carmine e, terrorizzata perchè sente incombere la tragedia, fa il voto di erigere l'altare che ancora manca. Dalle vicende d'una inutile guerra civile emerge la figura del Parroco don Gorizizzo, non un eroe, ma uno che “picchiando alle porte degli Alti Comandi per implorare clemenza” evita alla sua parrocchia la sorte dell'incendio che era già toccata a Forni di Sotto. Al senso pratico di Don Gorizizzo si deve anche la costruzione del nuovo duomo. Un opera alla quale si era iniziato a pensare già nel 1859. Ma solo nel 1909 con il parroco Capellari che era anche architetto e capomastro si era passati al progetto. Imponente, in stile gotico. Ma bocciato dalla Soprintendenza perchè non risolveva adeguatamente la collocazione della cappella quattrocentesca della vecchia chiesa. Don Gorizizzo, entrato come parroco nel 1914, risolve la questione affidando il progetto al Soprintendetene dei Munumenti Nazionali. Sblocca così il progetto, la costruzione non sarà gotica ma romanica ma si farà. E infatti il 5 marzo del 1926 si farà la festa per l'inaugurazione.. Il terzo volume si chiude con un capitolo intitolato “Guardando al futuro con speranza” che si riferisce a tutti i tre volumi. L'obiettivo del lavoro era quello di rileggere la storia del passato per poter immaginare il futuro da costruire, rivangare le radici perchè riprendano nuova forza le fronde. E' questo il senso che l'autore ha voluto dare a tutto il suo lavoro quando, concludendo, scrive appunto: “Il tempo in cui viviamo è distante anni luce da quando si ebbero le prime scarne notizie dei nostri villaggi. Ma l'uomo rimane sempre quello, con le sue aspettative e le sue frustrazioni, con le sue amarezze e le sue ansie, con le sue certezze ed i suoi dubbi. L'uomo è capace di amare o di odiare, di perdonare o d non dimenticare, di avere grandi slanci di generosità oppure di chiudersi in un gretto egoismo”. Per una recensione più accurata dell'opera vedi anche Cjargne Online http://www.cjargne.it/libri/paluzzachiesa.htm