lunedì 14 gennaio 2008

Autonomia e identità.



(appunto da sviluppare! vedi anche il post autonomismo e identita del 13.06.07)
L’autonomismo sarà uno dei temi di fondo della prossima campagna elettorale in Regione. Forse sarà proprio il tema dell’autonomismo a costituire la discriminante, e a determinare la vittoria di uno dei due poli, in una Regione come la nostra caratterizzata da forti spinte autonomistiche. L’autonomismo occupa infatti una vasta area di centro, che può essere indifferentemente attratta a destra ed a sinistra e seconda di come destra e sinistra sapranno definire un programma, che faccia più o meno larghe concessioni sul piano dell’autonomismo.
Io (e si vede che non mi intendo di politica!) vorrei consigliare agli uni ed agli altri addirittura di abolire il termine, e di sostituirlo con quello di identità. Quando un popolo chiede che per legge venga riconosciuta la sua cultura e la sua lingua, significa che è alla fine, è finito perché non trova più in sé, la capacità di affermare e difendere i valori in cui crede e che lo identificano. Chiede una difesa formale esterna, per l’incapacità di sostenere una difesa dall’interno. Io, al nuovo consiglio regionale non chiederei leggi a difesa dell’autonomia o a favore della lingua, ma leggi che promuovono e favoriscano il percorso di recupero dell’identità da parte ogni paese, di ogni quartiere e quindi d’ogni comunità montana, d’ogni Provincia perchè ci sia alla fine una identificazione a livello regionale (cfr. quanto si sta facendo in Piemonte sull'idea degli Ecomusei!)
Parafrasando il poeta Leonardo Zanier identità è sentirsi europei in America o in Cina, italiani in Europa, friulani in Italia, carnici in Friuli, di Givigliana o di Ligosullo in Carnia. Ma la radice vera dell’identità è quella innestata nel proprio paese, in un rapporto originale dell’individuo con gli elementi che fanno del suo paese un unico irripetibile. Su questa identità si possono e si devono costruire le identità di livello superiore. Ma se, per restare nell’esempio più comprensibile della lingua, mi si costruisce una identità che fa morire l’identità primigenia, della mia lingua di Cazzaso, che è diversa da quella di Fusea, anche se i due nuclei abitati sono distanti tra loro meno di un chilometro, isolati sulla stessa montagna, questa nuova identità che ho conquistato, non è un valore ma finisce per diventare un danno.
Dal piano della lingua a quello della cultura, a quello più in generale dell’identità, lo sviluppo è lo stesso. Non voglio riconoscimenti formali di ciò che sono, voglio invece aiuti a ritrovarmi per quello che sono, a riscoprire come valore quello che sono nella mia particolarità, facendo della diversità un valore che mi porta ad apprezzare la diversità degli altri. Aiuti che mi sono dovuti perché vengo da anni nei quali si è cercato di inculcarmi l’idea che la mia identità, la mia cultura, la mia lingua, fossero un handicap.
Se i prossimi cinque anni devono essere quelli che promuovono la Regione come Regione leader nella società della conoscenza, chiedo si definisca in premessa che la conoscenza da cui si vuole partire, è quella delle mie radici. Vorrei un programma che fa d’un albero il suo paradigma. Un albero che riesce a sviluppare le fronde sempre più rigogliose, quanto più riesce ad affondare le radici nella terra da cui è nato. Un albero che traduca in immagine il bellissimo concetto racchiuso nel bruttissimo neologismo di “glocale”.
Avrei così una Regione che può rivendicare la specialità di essere una rete di tante identità che proprio nel riconoscersi in rete, valorizzano la loro diversità. Una Regione che è già piccola ed autonoma è che proprio per questo non ha necessità di riconoscere autonomie interne, ma che valorizza e specifica la sua autonomia nel valorizzare la rete delle identità da cui è costituita.