Tiziano Dalla Marta, amico carisimo,
non
c’è amicizia più intensa e sincera di quella che nasce tra due persone che
hanno idee e modi di pensare diversi, ma che proprio in questa diversità
trovano il modo di confrontarsi, crescendo intellettualmente assieme,
rispettandosi a vicenda, riconoscendosi reciprocamente l’onestà intellettuale.
E’ stata questa la storia della nostra amicizia durata cinquanta anni.
Negli ultimi anni ci siamo trovati a
condividere la comune passione per la scrittura. Quando ti ho visto qualche
giorno fa, per l’ultima volta, avrei voluto dirti che sono tornato a scrivere
favole. Ma il destino ha voluto riportarmi, bruscamente, alla realtà,
imponendomi di ricordare la frase di Ungaretti che abbiamo discusso come
introduzione al mio ultimo romanzo storico: “la morte si sconta vivendo”. Sul
tuo viso si vedeva che il tempo aveva ormai scavato tutti i segni dei tuoi 97
anni. Come il tempo nei millenni ha segnato le nostre montagne. Ma tu parlavi
ancora di quando hai sfidato quelle montagne da scalatore provetto, a volte
spericolato. Respingevi la debolezza con la quale i tanti anni di vita,
inesorabilmente avevano segnato il tuo
corpo, nel ricordo di quando facevi a gara a dimostrare la tua forza:
“invincibile a braccio di ferro”:
A seguito del mio interesse
sull’argomento, negli ultimi anni è stata la storia della Resistenza in Carnia
i leit motiv delle nostre accese discussioni, nei nostri frequenti incontri. Tu
che avevi contribuito a costruire il mito del Movimento della Resistenza. Io
che considero negativo l’aver voluto trasformare la realtà in mito e che sento quasi
come impegno civile quello di ristabilire la verità storica. Due visioni opposte
che ci hanno portato a puntualizzazioni anche vivaci, ma nel rispetto sempre
delle reciproche posizioni, ricordando più volte Voltaire nella frase che gli
viene attribuita: “non sono d’accordo con ciò che dici, ma sarei disposto a
perdere la vita perché tu abbia la libertà di dirlo”.
Ma la nostra amicizia viene da molto
più lontano. Nel 1970 come consigliere comunale sono entrato a far parte della
tua squadra di Sindaco di Tolmezzo al secondo mandato. Giovane, fresco di idee.
entusiasmi e comportamenti sessantottini, sono entrato in un conflitto con te con
una foga che tu hai sopportato e capito solo perché intuivi che veniva dal
comune impegno che ci portava a spenderci per lo sviluppo della nostra
comunità. Entrato a far parte della tua Giunta, l’ho messa in crisi, spaccando
il gruppo consiliare di cui entrambi facevamo parte.
Ne abbiamo parlato tante volte,
perché è nata proprio lì quella strana e originale amicizia tra due persone che
agli occhi degli altri, potevano sembrare nemici.
Una amicizia che si è rinsaldata
quando da Sindaco della Ricostruzione, sono ricorso a te per utilizzare la
preziosa competenza che ti veniva dal fatto di poter unire l’esperienza d’amministratore alle conoscenze
dell’architetto. E ci siamo trovati, in quel momento particolarmente difficile
per la nostra comunità a collaborare sinceramente, in ruoli diversi, ma sullo
stesso obiettivo, con lo stesso impegno civile, la stessa passione politica.
La nostra amicizia però è un fatto
personale, seppure con risvolti pubblici. Da tuo successore come Sindaco, desidero
anche ricordare e sottolineare la tua grandezza come
Sindaco che ha scritto una pagina importante e decisiva della storia della
nostra comunità.
“Non omnis moriar! “ scrive il poeta
latino Orazio, non morirò completamente se il ricordo di ciò che ho fatto mi
sopravviverà, se resterà d’esempio.
Per questo mi pare doveroso
ricordarti con l’ammirazione e la stima che ho sempre avuto nei tuoi confronti.
Vorrei portarti come esempio agli amministratori di oggi come la figura di un
Sindaco che non si è fermato ad amministrare il presente, ma ha voluto e saputo
pensare e immaginare il futuro della comunità che democraticamente era stato
chiamato ad amministrare. Il piano regolatore del 1969 che imponeva a Tolmezzo
un futuro da centro industriale, in conflitto con gli agricoltori proprietari
dei terreni, è un esempio di lungimiranza, d’un saper guardare al futuro anche
a danno dei propri interessi politici immediati. Esempio di concretezza poi,
l’impegno che hai messo nel dare contenuti alla sua scelta, cercando gli
imprenditori, come Apollo Candoni, che poi avrebbero segnato il futuro di
Tolmezzo.
\ “Exegi monumentum aere perennius”
continua ancora il poeta ricordando il lascito del suo spirito . “Ho lasciato
un monumento più duraturo del bronzo”. Altrettanto puoi dire tu per i segni che
hai lasciato oltreché come amministratore, come architetto e anche come
scrittore e pittore. Come scrittore ricordo libri che non hanno avuto il
successo che si meriterebbero come “Il volo del rondone” e “Il ritorno del
Gismano”. Titolo quest’ultimo che ho voluto richiamare nel mio romanzo storico
in uscita “Il ritorno del Cosacco” nel quale un capitolo, intitolato “Tiziano”
ti vede come personaggio. Ricordo anche l’inedito “Mia, Romania” la bella
elegia con cui evochi il rapporto di grande umanità che sei riuscito a
costruire con la badante, negli ultimi dieci anni della tua vita, dopo la morte
della amata Caterina.
Di te come pittore parleranno altri più
competenti di me. Voglio però ricordare il ciclo destinato a richiamare la tua
storia personale nella Resistenza, non a caso la prima opera che hai lasciato è
il lunotto nelle chiesa di Cludinico che hai dipinto da giovane partigiano.
Come opere dell’architetto mi piace
ricordar la Chiesa del Sacro Cuore di Betania che ben interpreta l’aspirazione
all’infinito, all’esistenza nella dimensione dell’immortalità che è stata
oggetto di tante nostre riflessioni negli ultimi tempi.
La morte, che come la falce
manzoniana” tutte pareggia l’erbe del campo” mi toglie dalla vista un grande
amico, ma i sentimenti che ci hanno uniti vanno oltre la morte. Resti e
resterai tra noi, finchè resta il ricordo dell’amico, finchè durerà il ricordo di
te in una comunità come quella di Tolmezzo che tanto ti deve.
Scherzando, mi avevi fatto assumere
l’impegno di farti l’orazione funebre in chiesa. “Don Angelo non lo permette”
ti ribattevo. Il destino ha voluto che tu sia venuto a mancare in questo strano
momento nel quale non sono permessi addirittura i funerali, non solo le
orazioni funebri. Questo mi consente di ricordarti in modo meno formale, meno
forbito se vuoi, come a te avrebbe fatto piacere, perché ci tenevi a scrivere
in una forma meno rustica della mia, ma
certamente più sincero.
Tiziano, il mio romanzo l’Ebreo
Errante che abbiamo condiviso l’anno scorso, può essere considerato in qualche
modo un saggio sull’immortalità. Ne abbiamo parlato tanto. Una realtà in una dimensione diversa, per me senza Inferni
e Paradisi (anche qui in disaccordo!), ma comunque eternamente vivi.
Io ci credo! Ti penso lì. Pur non
mancando di fantasia non riesco a immaginare come. Ma so che sei vivo. Che mi
stai aspettando, per continuare i discorsi. Come stai aspettando la tua grande
famiglia di figli nipoti e pronipoti. Non metterci fretta però! Mi raccomando!
Mandi Tiziano.
1 commento:
Potrebbe essere uno dei Toi bei racconti ma questa volta è un bel ritratto reale
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