Alla Storia della Carnia scritta per Biblioteca dell’Immagine ho
voluto aggiungere un capitolo intitolato Carnia domani. Non ho pensato di avere
delle doti particolari per fare gli oroscopi
e pronosticare il futuro. Ho solo ritenuto di fare una provocazione, per
indurre a immaginare il futuro. Senza una idea del futuro si vive un presente
senza domani! Sia sul piano individuale che su quello sociale. Naturalmente non
potevo immaginare che, dopo l’uragano Vaia,
sulla Carnia, come in tutto il mondo, si abbattesse anche il ciclone Coronavirus.
Paradossalmente però la pandemia ha solo accelerato (almeno spero!) la mia previsione di una Carnia interconnessa e che fa della rete il valore aggiunto per ridiventare una terra dalla quale non si fugge (come ora avviene!) ma nella quale si sceglie di venire a vivere.
Le parole che si sono più sentite
durante i due mesi che abbiamo trascorso chiusi in casa, erano “distanziamento”
e “smart”. Il distanziamento, nei paesi con i pochi abitanti rimasti, non
costituiva un problema. Lo smart invece, sia che si riferisse alla possibilità
di lavorare da casa o, per i ragazzi, di partecipare alle lezioni, ha messo in
evidenza uno spaventoso digital divide. Altro inutile inglesismo! In parole
povere, la banda larga che doveva arrivare con il progetto Mercurio, è rimasta
sulle carte di qualche scrivania. Mercurio il dio romano che viene
rappresentato con le ali ai piedi, in questo caso non solo ha perso le ali, ma
gli devono essere venuti i calli, non è
quindi riuscito a risalire le valli di Carnia.
Si scusa, dicendo che sono i calli della
burocrazia! Sarà! Ma per un territorio come quello della montagna dove le
distanze costituiscono un handicap, la telematica doveva essere un priorità
assoluta.
Nel libro ho scritto che “nel secolo precedente ci si era preoccupati
perché internet e la rete avrebbero potuto portare all’isolamento delle persone.
Invece in Carnia è diventata una modalità per stare assieme”.
Può! Direi, deve, la rete diventare
la infrastruttura che cambia la modalità di stare assieme, di vivere in modo nuovo in
montagna. Per il dopo Coronavirus si sta usando e abusando della parola
“rilancio”. Ci dovrà essere (ce lo
auguriamo!) un rilancio anche per la montagna. E la facilità dei collegamenti
telematici, (con le soluzioni che si riterranno più opportune!), sarà la base
per rilanciare in una prospettiva nuova il vivere in montagna.
“Smart” è la parola diventata di
moda con Coronavirus. Prima si diceva “tele”. Parlando come si mangia, i
termini stanno per “a distanza”. Coronvirus ha insegnato che in futuro, sempre
più si potrà lavorare da casa “smart”, cioè in telelavoro, ma anche studiare in
teledidattica o essere assistiti in telemedicina e teleassistenza.
Ma smart o tele che sia! Vuoi
mettere la differenza tra lavorare “a distanza” rinchiuso in un appartamento in
un condominio di città e fare lo stesso lavoro, in una casetta con orto e
giardino, in uno dei tanti piccoli paesi della Carnia!
La telematica inoltre mentre mi consente di lavorare dal paese, permette anche di decentrare i servizi nel paese,
aumentandone la vivibilità. E qui il rilancio può già iniziare da subito. Non
occorre aspettare Mercurio. Si devono ripensare i paesi con i servizi
rivisti alla luce delle possibilità
offerte dalla telematica. Teleassistenza
deve essere un sistema immaginato per accompagnare gli abitanti dei
paesi dalla nascita alla tomba. Telemedicina un modo per portare l’ospedale in
casa, attraverso il medico di base. . “Condivisione”
dovrà essere poi la parola d’ordine per ripensare ogni aspetto della vita
all’interno del paese.
Una rivoluzione del modo di vivere
che è più facile pensare si realizzi in un paese della Carnia, che in un
quartiere di Udine.
Nella storia, la Carnia veniva
ripopolata a ogni pestilenza dalla gente che si ritirava sui monti per fuggire
la peste. Per il futuro sarà invece ripopolata come conseguenza della peste, se
da Coronavirus ci verrà la spinta a innescare questa rivoluzione. La montagna
che è arrivata come l’ultimo vagone del progresso economico e sociale, allo
scontro con la pandemia, nella ripartenza potrebbe essere il primo. Sta a noi
far sì che anche questa volta valga il proverbio “no l’è un mal ca nol seti
encie un ben. Non c’è evento dannoso che non lasci anche qualche opportunità.
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