giovedì 5 novembre 2020

 



La Carnia dopo coronavirus.

 

            Alla Storia della Carnia  scritta per Biblioteca dell’Immagine ho voluto aggiungere un capitolo intitolato Carnia domani. Non ho pensato di avere delle doti particolari per fare gli oroscopi  e pronosticare il futuro. Ho solo ritenuto di fare una provocazione, per indurre a immaginare il futuro. Senza una idea del futuro si vive un presente senza domani! Sia sul piano individuale che su quello sociale. Naturalmente non potevo immaginare che,  dopo l’uragano Vaia, sulla Carnia, come in tutto il mondo, si abbattesse anche il ciclone Coronavirus.

            Paradossalmente però la pandemia ha solo accelerato (almeno spero!) la mia previsione di una Carnia interconnessa e che fa della rete il valore aggiunto per ridiventare una terra dalla quale non si fugge (come ora avviene!) ma nella quale si sceglie di venire a vivere.

            Le parole che si sono più sentite durante i due mesi che abbiamo trascorso chiusi in casa, erano “distanziamento” e “smart”. Il distanziamento, nei paesi con i pochi abitanti rimasti, non costituiva un problema. Lo smart invece, sia che si riferisse alla possibilità di lavorare da casa o, per i ragazzi, di partecipare alle lezioni, ha messo in evidenza uno spaventoso digital divide. Altro inutile inglesismo! In parole povere, la banda larga che doveva arrivare con il progetto Mercurio, è rimasta sulle carte di qualche scrivania. Mercurio il dio romano che viene rappresentato con le ali ai piedi, in questo caso non solo ha perso le ali, ma gli devono essere venuti  i calli, non è quindi riuscito a risalire le valli di Carnia.

             Si scusa, dicendo che sono i calli della burocrazia! Sarà! Ma per un territorio come quello della montagna dove le distanze costituiscono un handicap, la telematica doveva essere un priorità assoluta.

            Nel libro ho scritto che “nel secolo precedente ci si era preoccupati perché internet e la rete avrebbero potuto portare all’isolamento delle persone. Invece in Carnia è diventata una modalità per stare assieme”.

            Può! Direi, deve, la rete diventare la infrastruttura che cambia la modalità  di stare assieme, di vivere in modo nuovo in montagna. Per il dopo Coronavirus si sta usando e abusando della parola “rilancio”. Ci dovrà  essere (ce lo auguriamo!) un rilancio anche per la montagna. E la facilità dei collegamenti telematici, (con le soluzioni che si riterranno più opportune!), sarà la base per rilanciare in una prospettiva nuova il vivere in montagna.

            “Smart” è la parola diventata di moda con Coronavirus. Prima si diceva “tele”. Parlando come si mangia, i termini stanno per “a distanza”. Coronvirus ha insegnato che in futuro, sempre più si potrà lavorare da casa “smart”, cioè in telelavoro, ma anche studiare in teledidattica o essere assistiti in telemedicina e teleassistenza.

            Ma smart o tele che sia! Vuoi mettere la differenza tra lavorare “a distanza” rinchiuso in un appartamento in un condominio di città e fare lo stesso lavoro, in una casetta con orto e giardino, in uno dei tanti piccoli paesi della Carnia!

            La telematica inoltre  mentre mi consente di lavorare dal paese,  permette anche  di decentrare i servizi nel paese, aumentandone la vivibilità. E qui il rilancio può già iniziare da subito. Non occorre aspettare Mercurio. Si devono ripensare i paesi con i servizi rivisti  alla luce delle possibilità offerte dalla telematica. Teleassistenza  deve essere un sistema immaginato per accompagnare gli abitanti dei paesi dalla nascita alla tomba. Telemedicina un modo per portare l’ospedale in casa, attraverso il medico di base. .            “Condivisione” dovrà essere poi la parola d’ordine per ripensare ogni aspetto della vita all’interno del paese.

            Una rivoluzione del modo di vivere che è più facile pensare si realizzi in un paese della Carnia, che in un quartiere di Udine.

            Nella storia, la Carnia veniva ripopolata a ogni pestilenza dalla gente che si ritirava sui monti per fuggire la peste. Per il futuro sarà invece ripopolata come conseguenza della peste, se da Coronavirus ci verrà la spinta a innescare questa rivoluzione. La montagna che è arrivata come l’ultimo vagone del progresso economico e sociale, allo scontro con la pandemia, nella ripartenza potrebbe essere il primo. Sta a noi far sì che anche questa volta valga il proverbio “no l’è un mal ca nol seti encie un ben. Non c’è evento dannoso che non lasci anche qualche opportunità.

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