venerdì 21 giugno 2024

Alla scoperta della strada romana per il Passo di Monte Croce Carnico sul sentiero Cai 161.

 

    Nell’elenco del sentieri del Friuli Venezia Giulia il Cai denomina il 161 come “Via Julia Augusta”. Lo fa partire da Cercivento di sotto ed arrivare a Monte Croce, attraversando Cleulis e Timau, per un percorso interessante alla scoperta delle località di Ramazas e Raut. Otrepassato Timau ai Laghetti suggerisce di prendere a destra “la strada romana”, e arrivati alla Casa Cantoniera di scendere per alcuni metri sulla nazionale per riprendere sulla destra le indicazioni del sentiero che continua di nuovo come “romea strata”,

            La passeggiata può partire anche da qui, lasciando l’automobile ove la strada è interrotta per i lavori in corso di sistemazione, dopo l’imponente frana dal Pal Piccolo.

             Volendo trasformare la passeggiata in un percorso alla scoperta della storia del passo, si può raggiungere la casa cantoniera, per ammirare nel pianoro sottostante, la iscrizione che va sotto il nome di “munificentia” dal nome della prima parola. Siamo all’arrivo del primo tratto della strada romana che avremmo percorso se avessimo seguito le indicazioni del Cai. La iscrizione ricorda che la strada, è stata realizzata da tale Alpinio Programmazio ai tempi degli imperatori Valentiniano e quindi nel 370 d.C.

            Riprendendo le indicazioni del Cai sul sentiero 161, si abbandona però questa strada romana, per prenderne una precedente, quella sistemata da un tale Respectus, come si avrà modo di leggere nella epigrafe posta all’arrivo in prossimità del passo.

            Attraverso un facile percorso su strada mulattiera, si arriva ad incrociare il tornante della strada che porta ai pascoli di Val di  Collina.




Si gira a destra e si incontra il contrafforte del Malpasso che per secoli ha creato problemi agli ingegneri romani. Il passaggio, sistemato alla bell’e meglio non presenta difficoltà per chi sale a piedi. Ma che soluzioni si sono dovuti inventare gli ingegneri romani per superare con i carri il salto di una quindicina di metri, non potendo non essere carrabile questa  strada di collegamento tra Aquileia e il Norico?

            Non ci è rimasta traccia! La strada che era servita a Roma per la conquista dell’attuale Austria, nel momento di crisi dell’Impero romano diventò la strada attraverso la quale scesero  i barbari. Nel 167 i Quadi-Marcomanni distrussero Iulium Carnicum. In ritirata, inseguiti dall’esercito di Marco Aurelio, come è normale per un esercito in fuga, distrussero tutto ciò che poteva agevolare gli inseguitori, e quindi in particolare il manufatto che consentiva il superamento del Malpasso. Fu chiamato a riparare i danni negli anni immediatamente successivi il Respectus che troveremo in epigrafe al passo.

            Non si sa come abbia risolto il problema, ma è indubbio che non aveva più i mezzi del periodo d’oro dell’Impero Romano. Ha certamente costruito un ponte, perché come si legge nella  epigrafe, collocata vicino alla precedente, un tale Hermias, ai tempi dell'imperatore Diocleziano verso il 300 d.C, e quindi cento e trenta  anni dopo, ha dovuto intervenire perché “periclitante populo ad pontem transitum non placuit - al popolo non andava di passare sul ponte a rischio e pericolo”.

           Hermias scrive d’aver fatto qualcosa destinato a durare per l’eternità. Non si sa bene che cosa abbia fatto, ma non deve aver risolto il problema se, come abbiamo letto nella prima epigrafe, solo settanta anni dopo, poiché “homines et animalia cum periculo commeabant, sia gli uomini che gli animali continuavano a passare a rischio e pericolo” si decise per la soluzione radicale, e ci si portò  sotto al Pal Piccolo, realizzando il percorso che sale in diretta verso il passo in continuazione di quello che si è  lasciato alla Casa Cantoniera e che ci è rimasto con il nome di "strada romana"..

            Mentre si sale sul sentiero suggerito dal Cai, si hanno di fronte le pareti a strapiombo della montagna che “a vista” si sta sfracellando. Si vedono i tornanti di quella che nel suo libro  sulla strada di Montec Croce, Carpenedo definisce giustamente “un strada molto bella nel posto sbagliato”. Da profani si è portati a pensare che la “furbata" di Programmazio (o già di Hermias?) di cambiare il versante per superare la difficoltà del Malpasso, non sia stata proprio così intelligente. La moderna strada “nel posto sbagliato” è stata realizzata perché quello era il posto migliore per evitare le artiglierie austriache, ma ora che fortunatamente sono venute meno le esigenze di tipo militare, non si riesce a capire perché si debba insistere, mentre il Pal Piccolo diventa sempre più minaccioso.

            Ma in conclusione quale era il vero tracciato della Julia Augusta? Le tre epigrafi, risalenti tutte al periodo di crisi e decadenza dell'Impero romano,  non ci dicono come era la strada voluta e percorsa dai Cesare e Augusto. Per me  era la prosecuzione di quella che si è lasciato come sentiero cai 161 a Timau. In una situazione orografica diversa da quella attuale,  continuava sul tracciato che ora porta alla malga Val di Collina che poi lasciava all’altezza del tornante che si è incontrato, per attraversare il Malpasso e raggiungere Monte Croce. E sono d'accordo con Alfio Englaro quando scrive  che questa strada partiva proprio da Julium Carnicum e saliva mantenendosi sempre in destra But quando tra Arta e Sutrio non c'era il falsopiano di Alzeri provocato dalla frana del Monte Cucco),

            Così la penso io!. Ma il darsi una risposta può essere motivo di discussione per rendere ancora più piacevole la salita al Passo di Monte Croce, obbligatoriamente a piedi, visto che la frana del Pal Piccolo impedisce la salita in macchina. Io mi sono dato una risposta nel post precedente "alla luce della storia", ma potrei anche aver preso un abbaglio.!!!

Al MALPASSO si può pensare di essere davanti alle spallette naturali, a quote diverse, di un ponte. Il sentiero si inerpica some se dovesse passare sotto al ponte. Ma non deve essere stato difficile collegare le due spallette con un impalcato in legno in salita, quello che lo Sticotti chiama il pons sublicius-posato su travi.

 Ma a me piace pensare che, per l'importanza della strada, gli ingegneri romani abbiano risolto il problema con l'arcata di un ardito ponte in muratura in salita, demolito dai barbari in ritirata, di cui forse si dovrebbero trovare dei resti nel bosco sottostante.

             

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