Identità Carnica.
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Una bella presentazione fotografica di Tolmezzo di Antonio Zuccon con un mio commento. |
Si sente dire che l’identità
dovrebbe costituire un valore aggiunto per facilitare la ripartenza dopo la
tempesta di Coronavirus. Una tempesta che si è abbattuta su una Carnia già in crisi,
come la tempesta Vaia sulle abetaie già infettate dal bostrico. Ma cosa sarebbe poi questa
identità? Si può veramente parlare di una identità carnica da assumere come
valore nel quale affondare le radici della ripresa?
Credo di si, e, per quel che può
valere il mio parere, ritengo si fondi su due elementi la diglossia e il paese.
Ora che va di moda parlare di bilinguismo io, (solitamente in controtendenza)
preferisco il termine diglossia. Per diglossia si intende la compresenza nel
bambino di due codici linguistici (così dicono
gli esperti), di cui uno, il dialetto, considerato inferiore all’altro. Per
bilinguismo invece si intende l’utilizzo di due lingue di pari livello. Da qui
le tante iniziative dei fatte dai friulanisti, in questi anni per elevare il
dialetto a rango di lingua. A mio modesto avviso invece l’operazione doveva essere l’opposto:
considerare il codice linguistico friulano superiore all’italiano. In Carnia
(come in Friuli) non si imparano e si conoscono di base due lingue, ma al
contrario si succhia dalle parole della madre, come dal latte materno, un modo
di esprimersi che è anche un modo di sentire. Più avanti si imparerà a tradurre
questo modo di esprimersi in una lingua: l’italiano, con tanto di grammatica e
di sintassi. Quella della madre, è
istintiva naturale. E’ sentimento. Quella che si impara è un’altra cosa. Sta
alla prima come la prosa sta alla poesia E’ una parafrasi, che può spiegare ma
non far sentire il brivido della poesia. Per dirne una, l’operazione dei friulanisti
che si sono inventati il passato remoto, invece che spiegarsi perché il
friulano si fermi al passato prossimo, mi pare una parafrasi mal riuscita.
Questo codice di comunicazione,
proprio per la sua radicale diversità da quello che si imparerà per colloquiare
al di fuori del paese, è l’elemento fondante della identità di paese. Tra
codice linguistico e paese si crea il circolo virtuoso della identità di
paese, che deve diventare il punto dove
poggiare la leva per risollevare e rilanciare l’identità di paese, come la
trama sulla quale intrecciare i valori della socialità, della prossimità, del
fare di un paese una comunità.
Per questo ritengo fondamentale che in una nuova programmazione dell’attività scolastica vengano individuati dei momenti da vivere in paese, con la gente del paese, usando i termini in uso solo in quel paese, le inflessioni della lingua materna che si è storicamente affermata in quel paese ed è sempre diversa da quella dei paesi vicini. Anche formati a questo modo (o proprio per questo!) ai nostri ragazzi riuscirà facile leggere, per intuizione, i poeti e gli scrittori carnici e friulani che giustamente non hanno scritto in “koinè” ma con i codici linguistici materni dei loro paesi. Ma su questo intreccio di paesi che rivivono nella loro identità, attorno ai loro campanili senza peccare in campanilismo, valorizzando le individualità senza peccare in individualismo, sarà possibile ricostruire anche l’identità del popolo carnico e friulano e farne appunto il valore aggiunto per la ripresa.
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