AVRINT
Fra le
tante piacevoli sorprese che riserva al turista il territorio del Comune di
Verzegnis, la più intrigante è senza dubbio quella di Malga Avrint. Vi si
arriva dalla strada che porta a Sella Chianzutan. Qualche centinaio di metri
dopo aver incrociato la fontana di Peraria, si trova una spiazzo dove lasciare
l’automobile. Ci starebbe un parcheggio, che al momento non c’è. Come ci
starebbe qualche indicazione all’altezza
dell’importanza della località che si sta per visitare. Ma senza rovinarsi la
giornata ad annotare queste carenze, conviene prendere sulla sinistra una
strada che sembra più l’accesso carraio ad uno chalet privato. Dopo pochi metri
l’enigma si scioglie si lascia a sinistra l’accesso privato e si prosegue sulla
carrareccia segnata come sentiero CAI 811.
E’ una
bella strada, facilmente transitabile anche con automobili normali non
fuoristrada, e quindi diventa subito argomento per lo sfaticato, per qualche
imprecazione contro i consiglieri regionali che con la legge 15 del 1991 hanno
impedito il transito su strade come questa. La larghezza della strada consente
di procedere in gruppo chiacchierando e il discorso cade subito sul fatto che
la strada si presterebbe ad un utilizzo turistico più intensivo, ad esempio
come percorso per bike assistite.
Ci si
mette un ora, con passo da gente di città, non allenata. Un percorso facile e
divertente, con tratti in salita che si alternano a falsipiani, con lunghi
tratti in ombra e qualche passaggio
soleggiato. Alla fine si emerge dal bosco all’improvviso e ci si trova su
quello che in passato era il cjampèi della malga. Uno spiazzo erboso che mette
in evidenza l’edificio, ristrutturato e
ricostruito in modo mirabile dai volontari di Verzegnis, usando il loro marmo
rosso e quindi caratterizzando in modo inconfondibile la malga.
La Carnia vista da Malga Aurint |
Bella
la malga! Ma stupendo il panorama che vi si gode. Si ha l’impressione d’essere
a un palco all’opera, avendo come teatro il rincorrersi delle montagne di tutta
la Carnia. Non è un paesaggio che si vede soltanto ma è una immagine grandiosa
che ti prende, ti entra nell’animo, ti fa partecipe come se per incanto
diventassi un protagonista della scena del Tempo, che ha lavorato per
ricostruire quell’alternarsi di vuoti e pieni, nell’alternarsi di valli e
montagne.
E il
fascino del paesaggio fa sembrare
credibile la leggenda che ti è stata raccontata salendo e che ha il suo cuore
nella suggestione che ti ha colto quando la strada attraversa il rio Faeit, in
un pianoro dove grandi massi si alternano agli alberi. Se fossi sceso una
decina di metri nel rio, avresti scoperto l’entrata della casa delle Agane.
Nientemeno!
Avrint
è come tanti altri un nome sbagliato per effetto dell’ignoranza dei copisti nei
secoli. AVRINT, era il termine esatto. Nei testi latini la V sta per U, e
quindi Aurint dovrebbe essere l’interpretazione del nome. Arìnt in friulano sta
per argento, aurint nel friulano antico si può presumere stesse per ” oro”.
La
leggenda precisa infatti che sulla montagna c’era, nella notte dei secoli, una
miniera d’oro in mano ai Gnàus, così si chiamavano i folletti, gli sbilfs di
questa montagna. Si cavava l’oro in alto sul torrente, di solito senza acqua.
Quando le pioggie lo riattivavano, portava a valle le pepite più o meno grosse che
i Gnàus avevano smosso, ma non erano riusciti a raccogliere.
L'entrata della casa delle Agane nel rio Faeit. |
Più
sotto, come s’è visto c’è la casa delle Agane, che senza fare nessuna fatica
potevano raccogliere l’oro sfuggito ai Gnàus. Quando questi ultimi si accorsero
che le Agane avevano più oro di loro, che loro avevano faticato e le altre
avevano raccolto, chiesero la restituzione del maltolto. Le Agane spiegarono di
non aver tolto niente, che era stato l’oro a venire da loro, per cui ne
ritenevano legittimo il possesso.
Visto
che con le buone non si otteneva niente i Gnaus passarono alle maniere forti e
decisero una spedizione, per invadere il territorio delle Agane. Non avevano
fatto i conti però con i poteri magici delle fate d’acqua. Quando videro i
Gnàus avvicinarsi alla loro casa, misero in atto le loro magie: all’istante i Gnaus si trasformarono in sassi, più o meno
grandi, a seconda della loro dimensione. Così sono rimasti pietrificati e si
vedono ancora nei pianori a ridosso della casa delle Agane, sparsi, come in
ordine sparso s’erano ripromessi di aggredire l’abitazione delle fate.
La
malga Aurint era la base d’appoggio dei Gnàus impegnati in miniera, lasciandola
per ridiscendere a valle, e ripensando alla leggenda, non ci si può non fermare
a cercare la casa delle Agane. Incrociando il rio Faeit , appena sotto la
strada. E guardando i grossi blocchi di pietra sparsi nel bosco tutt’intorno, non
si può non rivivere la suggestione di
quell’epica battaglia che ha visto i Gnaus pietrificati dalla magia delle fate.
Come si
sa, la storia dei Gnaus ha avuto un seguito! Per
secoli hanno chiesto perdono alle fate dell’acqua, promettendo che se avessero
riavuto la vita sarebbero stati umili e sottomessi nei confronti delle donne.
Alla fine le fate si sono lasciate impietosire
e, con una nuova magia, li lasciano rivivere ogni anno, ma sotto terra,
sotto forma di rape: i più umili dei frutti della terra.
Questo
spiega il mistero che per anni ha angustiato le donne di Verzegnis, intente
alla raccolta delle rape, o per meglio dire, dei “gnàus”. Strappando la rapa dalla
terra si sente un leggero rumore, come un soffio. Nessuno sapeva darsi una
spiegazione! Alla luce di questa leggenda invece, tutto è chiaro. E’ l’ultimo
respiro dello “gnàu”, che venendo alla luce muore. Ma intanto ha lasciato alla
rapa i suoi poteri magici. Per questo a Verzegnis si dice: “Una rapa al giorno
toglie il medico di torno”. I “gnàus” non sono rape normali, sono del genere “brassica rapa terapeutica” hanno
dei poteri salutistici eccezionali: i poteri magici che i “gnàus-sbilfs”
vi hanno depositato.
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