Sabato
5 dicembre al Centro Simonetti di Cabia è stato presentato il volume che raccoglie
gli atti del convegno su Giovanni Gortani nel centenario della morte. Perfetta
e accattivante la presentazione del volume a cura di Mirta Faleschini e Denis
Baron con la regia di Claudio Lorenzini. A dir poco pregevole. per non dire eccezionale,
il lavoro dell’Editore Andrea Moro, anche nella cura della composizione
tipografica, delle riproduzioni fotografiche e nella veste data al libro. Più che
condivisibile l’idea di curare un “ricordo” non una “celebrazione” del
personaggio cui va il merito, tra gli altri, di aver cercato di convincere i
carnici della importanza della loro storia.
D’accordo sull’evitare le
celebrazioni, ma che addirittura si utilizzi la ricorrenza per “demolire” il celebrato,
mi pare troppo. Per come avevo avuto modo di leggere e di apprezzare Gortani
anche come scrittore, sono rimasto sorpreso dalla stroncatura che ne fa Carlo Tolazzi considerando “l’accostamento a
Catrerina Percoto proibitivo improponibile, una distanza abissale”.
Improponibile
è l’accostamento solo perché molto diversi gli obiettivi e i risultati che i
due si attendono dalla scrittura. Diverse le motivazioni per cui scrivono.
Giovanni Gortani è un appassionato della storia della Carnia che ricorre al
racconto cercando di far capire al lettore la realtà della Carnia dell’Ottocento.
Avrebbe potuto riportare come un dato quello della emigrazione delle sfilere, o
quello della fluitazione sul Chiarsò. Il dato diventa racconto, da pagina di
storia diventa pagina di vita. Non osservata dall’alto, da intellettuale, come
nella Percoto, ma sentita, da una persona che ha vissuto veramente assieme alle
persone che diventano i personaggi dei suoi racconti. Motiv par cui à
bisugnarès partii domandansi il motifs par cui a si è metut a scrivi i “Bozzetti
Alpini”. Un personaggio che aveva fatto
il garibaldino, il sindaco, l’avvocato, il notaio, l’archeologo, il numismatico
e non so che altro….
Fuori
luogo, a mio avviso, anche la stroncatura che si fa di Giovanni Gortani come
autore di bozzetti in friulano, soprattutto quando si mettono in evidenza le “imprecisioni
sul versante morfologico, grafico e fonetico”. Mi pare evidente che Gortani non
si prova a scrivere in friulano per fare un esercizio accademico di scrittura
seguendo i dettami della koiné. Non scrive in lingua friulana, ma nel carnico
che conosce. Come potrei fare anche io
che parlo carnico, che forse potrei provare a scrivere come parlo, ma che non
ho nessuna intenzione di imparare a scrivere in lingua friulana, secondo le
regole adottare dai friulanisti. Se lo facessi, se volessi scrivere la lingua che
parlo, dovrei cercare, come fa il Gortani, di rendere graficamente le
inflessioni del mio parlato. Non solo scrivendo “pierdi” invece che “piardi”,
ma anche inserendo parole che sono tradotte dall’italiano ma che sono diventate
(non so come mai!) elementi del mio “carnico” come “impreteribilmenti”. Motiv
par cui al larès cirùt di capii miôr parcèche Gortani al ha volùt scrivi in çiargnèl
las sôs “Machiettis Leggendariis”
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