domenica 4 dicembre 2011
Vivistolvizza, un modello per la montagna.
Cena alla Baita Alpina di Stolvizza, organizzata dall’Associazione “Aglio di Resia”, per valorizzare la gastronomia a base di aglio. In una sera di pioggia e di nebbia, scendi dall’auto con l’impressione d’essere finalmente arrivato all’ultima stazione prima della fine del mondo. Ma nella valle vive un cuoco allievo di Gianni Cosetti e persino di Gualtiero Marchesi. E quindi i piatti hanno una raffinatezza proprio da fine del mondo... Il discorso a tavola non può che finire sul tema dello spopolamento della montagna. Stolvizza ha soli cento abitanti, ma poco più in là a Coritis, quando finalmente è arrivata la strada, paradossalmente il paese si è svuotato. E’ ora solo un paese per fantasmi. Rimbalzano tra i commensali le solite lamentazioni. “La vita in montagna è sempre più difficile”. Ma tra una lamentela e l’altra, emerge il quadro di un piccolo paese, con un grande fermento di vita che si materializza nell’associazione “Vivistolvizza”. In cento si sono inventati l’idea originale d’un cavo di teleferica che per la notte di Natale viene riciclato a filo portante d’una grande stella illuminata che scende dalla montagna, su un originale presepe vivente partecipato dagli abitanti. E tutto il piccolo paese per le feste diventa una mostra di presepi, in una gara tra gli abitanti a chi lo fa più bello ed originale. Ma, se non bastasse, il piccolo paese ha saputo allestire anche il museo dell’arrotino, a ricordo dei tempi nei quali il piccolo borgo si era caratterizzato per un proprio movimento di “cramàrs” specializzati nell’arte di fare il filo ai coltelli ed alle forbici. C’è poi in tutta la valle il fermento per il quale siamo finiti lì a mangiare: tutti i paesi in competizione a chi riesce a coltivare meglio l’aglio, recuperando una tradizione che ha fatto famoso appunto l’aglio di Resia.
E malgrado tutto questo fermento di vita, fra una portata e l’altra, tutti giù a parlare della fine della montagna, perché la gente frana in pianura!...
Al rientro mi sono trovato a pensare che forse abbiamo sbagliato tutto. E’ da pazzi pensare di arrestare una frana. Meglio lasciare che trascini il bosco ed attendere che si assesti. Si deve intervenire dopo per ripiantare il bosco sulla nuova situazione che si è venuta a creare. Fuor di metafora, non ha senso cercare di tenere la gente in montagna, meglio lasciare che se ne vada e lavorare perché ne venga di nuova, attratta dal modello di vita di Stolvizza.
In città, nelle grandi ma anche in una piccola come Tolmezzo, tra abitanti della stessa via, neppure ci si conosce ed è già tanto se ci saluta. Finito il lavoro ognuno si ritira nel loculo del suo appartamento (se di villa trattasi la sostanza non cambia!). I pensionati, che hanno perso anche il momento socializzante del lavoro, vi passano l’intera giornata davanti alla televisione in attesa del loculo già prenotato nel camposanto. A Stolvizza, finita la necessità del lavoro, si comincia il “vivistolvizza”, e si passa al lavoro come integrazione del reddito, vissuto come una sorta di hobby produttivo.
Eppure c’è ancora chi sostiene che la vita nei loculi, davanti alla televisione sia migliore!
Bisogna ripartire da una azione di marketing per vendere “il vivistolvizza” come valore aggiunto per la qualità della vita…. Però, è vero, ci sono anche tanti disagi… Le scuole che chiudono, una generale mancanza di servizi e quindi una maggiore difficoltà a conciliare lavoro ed educazione dei figli…Ma è su questo versante che si sono commessi gli errori maggiori: s’è voluto portare in montagna il modello della pianura, senza capire che la montagna è diversa! Per questo erano nate le Comunità Montane: enti peculiari della montagna per dare le risposte peculiari di cui la montagna ha bisogno. Ma ora le stanno chiudendo!
E allora (sarà stato per colpa dell’aglio?) sono finito per sognare un diverso “vivistolvizza” come diverso “vivimontagna”, da proporre per favorire il reimpianto della gente in montagna, ora che la frana dello spopolamento sta assestandosi. Nel sogno a Stolvizza sono arrivate nuove coppie che hanno preferito vivere in una realtà nella quale tutte le case sono diverse, invece che in loculi tutti uguali, in un ambiente nel quale si ammirano le albe ed i tramonti nello scenario sempre diverso delle montagne. Non c’è l’asilo nido ma il Comune ha finanziato l’avvio dell’esperienza delle Tagesmutter, e c’è quindi qualcuno che accudisce i bambini in paese. Quando poi crescono, sia per la scuola materna che per quella elementare, c’è un assistente all’infanzia che con lo scuolabus passa per i paesi raccoglie i bambini, li porta a scuola, pensa al loro pranzo, ed alla sera li riporta a casa. I bambini frequentano necessariamente della pluriclassi, ma queste sono collegate in un progetto di teledidattica con le scuole di città, in uno scambio della diversità d’esperienze che serve sia agli uni che agli altri. La maggiore disponibilità di stimoli ambientali fa sì che nella scuola della Val Resia i risultati per gli alunni siano migliori rispetto a quelli della città. Ma anche i genitori sono venuti ad abitare quassù, perché operano in telelavoro. La Regione ha fatto un investimento intelligente, portando la banda larga fino a Coritis, e si può lavorare da casa (è purtroppo solo un sogno!).
Per la città il telelavoro sarebbe un disastro, costringerebbe la gente a rinunciare al momento di socializzazione favorito dall’ambiente di lavoro, ed a richiudersi nel loculo a tempo pieno. Ma a Stolvizza il momento socializzante è quello del dopo lavoro, quando si comincia a vivere il paese con il “vivistolvizza”. Nel lavoro ci si può quindi isolare in casa davanti al computer, per concentrarsi meglio e produrre di più. Per socializzare c’è anche il lavoro della coltivazione dell’aglio, a gara per stabilire come meglio si coltiva come si deve essiccare, come si deve vendere per ottenere il risultato economico migliore. Il Comune di Resia ha già fatto una cosa molto intelligente, trasformando l’acqua, la risorsa peculiare della montagna, in risorsa finanziaria, ed ora le entrate aggiuntive vengono impegnate per migliorare la qualità della vita migliorando i servizi. Si è quindi attivata, oltre a quelli per i bambini, una serie di servizi di prossimità che rendono invidiabile la qualità della vita a Stolvizza. Così si richiama e si invoglia a venire nuova gente, e persino Coritis torna ad essere abitato..
E’ stato solo un sogno, per colpa dell’aglio, o può essere questo “modello Stolvizza” il modello per ripiantare la gente nella montagna friulana?
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