domenica 6 maggio 2007

Le Rogazioni a Illegio.
Si spendono alle volte somme ingenti per eventi senza riscontro. Ci sono al contrario eventi che non costano nulla e che meriterebbero un riscontro ed una promozione importanti. E’ il caso delle rogazioni che ad Illegio si tengono il venerdì precedente la festa di S.Floriano che ricorre la prima domenica del mese di maggio. E’ una cerimonia per gli abitanti di Illegio che ricorda la loro storia, potrebbe essere vista come una sacra rappresentazione che rievoca la storia di tutta la Carnia.
La processione parte da Illegio per salire alla Pieve. E’ consigliabile salire da Imponzo per il sentiero di sot la Crete che porta nella piana di Amieile e lì attendere l’arrivo della processione.
Siamo ai primi di maggio ed il pianoro ai piedi del colle di S.Floriano è d’un verde morbido d’erba verde appena germogliata, punteggiato da fiori di diversi colori, freschi appena sbocciati. C’è un assordante gridìo di grilli, contrappuntato dal canto di due cuculi che si chiamano alternando il loro cucù giù nel bosco del rio Frondizzon. D’un tratto il canto dei cuculi, come per magia, diventa una voce umana, un canto, un grido… Fa eco un coro sommesso, appena avvertito, come se uscisse dalle case di Illegio che si vedono sull’altro versante, oltre il Cimitero. Coro e grido si avvicinano, diventano semprepiù riconoscibili. E’ il canto delle litanie dei santi. Al richiamo del nome d’un santo, il coro risponde “te rogamus audi nos”, ti preghiamo ascoltaci.
Ci sono le voci ma non si vedono ancora le persone, e le voci sembra che vengano dal bosco. Sono le voci di oggi, ma sono allo stesso tempo quelle che da oltre duemila anni ai primi di maggio salgono da Illegio, a pregare sul colle di S.Floriano. Non c’era la Chiesa, non era ancora apparso Cristo per le strade della Palestina, e da Illegio già si saliva a quel colle, pregando per la fertilità della terra, chiedendo d’essere preservati a fulgore et tempestate, dai fulmini e dalla grandine. Si pensava che il Dio si chiamasse Beleno. Ma non era questo il dato importante, al di là dei nomi si credeva ci fosse una entità capace di venire in soccorso degli uomini che lo invocavano. E’ la stessa entità a cui si rivolgono i pochi abitanti del duemila che ad Illegio ancora credono e che in processione, invocano per l’intercessione di tutti i Santi.
Dal bosco non è uscito ancora nessuno, ma dietro le quinte del verde si avverte che la scena è cambiata. Si sono fermati ed il parroco intona in latino un passo del Vangelo di Marco. Non si distinguono le parole, è come una nenia che esce dal bosco quasi fosse l’umore o il respiro delle piante. Come il refolo di nebbia che accompagnato dal canto lontano, si sfilaccia dal bosco e prende forma, coprendo il paese di fronte, per spingere l’immaginazione a pensare a quando il paese non c’era ancora.
Riprende infine il canto delle litanie e dal bosco esce la processione: la croce davanti, gli uomini, il parroco con il piviale rosso e quindi le donne. Il piviale del parroco porta a pensare alle vesti analoghe che, come ricorda Cesare nel De Bello Gallico, indossavano i Druidi dei Celti. Non ci sono testimonianze, non c’è documentazione, ma proprio per questo è legittimo pensare che questa processione interpreti in chiave cristiana le processioni che già prima di Cristo si snodavano su queste montagne.
Attraversata la piana di Amieile la processione si inoltra nel bosco per seguire i tornanti della vecchia strada lastricata che porta alla Pieve, per incontrarsi sulla radura antistante la Chiesa con la processione che è salita sull’altro versante, da Imponzo. Ancora una pausa ancora il brano d’un canto del Vangelo in latino, e sempre in latino una preghiera a Dio “ut cogitemus te inspirante quae recta sunt et te gubernante eadem faciamus”. Se fosse così facile, laggiù nella vita d’ogni giorno, come sembra possibile qui sul colle: che con la tua ispirazione pensiamo a ciò che è giusto e che con il tuo aiuto lo facciamo”!...
La processione si snoda di nuovo sui tornanti della radura antistante la Pieve, come un serpente che sale a nascondersi nella Chiesa. Qui si concludono le preghiere del rito delle rogazioni ed inizia il canto della messa vecchia, che da non so quando, le cantorie di Illegio si tramandano. Varrebbe la pena di salire fin quassù soltanto per sentire il canto del Kyrie. Nella liturgia è una invocazione, una richiesta di aiuto. Ma gli abitanti di Illegio di generazione in generazione l’hanno trasformato in un lamento struggente. Non è un canto di richiesta. E’ come se già si fosse persa ogni speranza. E’ un canto cantilenante con il quale sembra quasi si voglia chiedere scusa d’essere al mondo, rassegnati alla sofferenza indicibile che in passato si doveva sopportare per riuscire a sopravvivere tra questa montagne. Perdonami Dio dell’ardire che ho di rivolgermi a te!!!

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