mercoledì 26 luglio 2017

Avrint di Verzegnis

AVRINT
                Fra le tante piacevoli sorprese che riserva al turista il territorio del Comune di Verzegnis, la più intrigante è senza dubbio quella di Malga Avrint. Vi si arriva dalla strada che porta a Sella Chianzutan. Qualche centinaio di metri dopo aver incrociato la fontana di Peraria, si trova una spiazzo dove lasciare l’automobile. Ci starebbe un parcheggio, che al momento non c’è. Come ci starebbe qualche indicazione  all’altezza dell’importanza della località che si sta per visitare. Ma senza rovinarsi la giornata ad annotare queste carenze, conviene prendere sulla sinistra una strada che sembra più l’accesso carraio ad uno chalet privato. Dopo pochi metri l’enigma si scioglie si lascia a sinistra l’accesso privato e si prosegue sulla carrareccia segnata come sentiero CAI 811.
                E’ una bella strada, facilmente transitabile anche con automobili normali non fuoristrada, e quindi diventa subito argomento per lo sfaticato, per qualche imprecazione contro i consiglieri regionali che con la legge 15 del 1991 hanno impedito il transito su strade come questa. La larghezza della strada consente di procedere in gruppo chiacchierando e il discorso cade subito sul fatto che la strada si presterebbe ad un utilizzo turistico più intensivo, ad esempio come percorso per bike assistite.
                Ci si mette un ora, con passo da gente di città, non allenata. Un percorso facile e divertente, con tratti in salita che si alternano a falsipiani, con lunghi tratti in ombra  e qualche passaggio soleggiato. Alla fine si emerge dal bosco all’improvviso e ci si trova su quello che in passato era il cjampèi della malga. Uno spiazzo erboso che mette in evidenza  l’edificio, ristrutturato e ricostruito in modo mirabile dai volontari di Verzegnis, usando il loro marmo rosso e quindi caratterizzando in modo inconfondibile la  malga.

La Carnia vista da Malga Aurint
                Bella la malga! Ma stupendo il panorama che vi si gode. Si ha l’impressione d’essere a un palco all’opera, avendo come teatro il rincorrersi delle montagne di tutta la Carnia. Non è un paesaggio che si vede soltanto ma è una immagine grandiosa che ti prende, ti entra nell’animo, ti fa partecipe come se per incanto diventassi un protagonista della scena del Tempo, che ha lavorato per ricostruire quell’alternarsi di vuoti e pieni, nell’alternarsi di valli e montagne.
                E il fascino del paesaggio  fa sembrare credibile la leggenda che ti è stata raccontata salendo e che ha il suo cuore nella suggestione che ti ha colto quando la strada attraversa il rio Faeit, in un pianoro dove grandi massi si alternano agli alberi. Se fossi sceso una decina di metri nel rio, avresti scoperto l’entrata della casa delle Agane. Nientemeno!
                Avrint è come tanti altri un nome sbagliato per effetto dell’ignoranza dei copisti nei secoli. AVRINT, era il termine esatto. Nei testi latini la V sta per U, e quindi Aurint dovrebbe essere l’interpretazione del nome. Arìnt in friulano sta per argento, aurint nel friulano antico si può presumere stesse per ” oro”.
                La leggenda precisa infatti che sulla montagna c’era, nella notte dei secoli, una miniera d’oro in mano ai Gnàus, così si chiamavano i folletti, gli sbilfs di questa montagna. Si cavava l’oro in alto sul torrente, di solito senza acqua. Quando le pioggie lo riattivavano, portava a valle le pepite più o meno grosse che i Gnàus avevano smosso, ma non erano riusciti a raccogliere.
L'entrata della casa delle Agane nel rio Faeit.
                Più sotto, come s’è visto c’è la casa delle Agane, che senza fare nessuna fatica potevano raccogliere l’oro sfuggito ai Gnàus. Quando questi ultimi si accorsero che le Agane avevano più oro di loro, che loro avevano faticato e le altre avevano raccolto, chiesero la restituzione del maltolto. Le Agane spiegarono di non aver tolto niente, che era stato l’oro a venire da loro, per cui ne ritenevano  legittimo il possesso.
                Visto che con le buone non si otteneva niente i Gnaus passarono alle maniere forti e decisero una spedizione, per invadere il territorio delle Agane. Non avevano fatto i conti però con i poteri magici delle fate d’acqua. Quando videro i Gnàus avvicinarsi alla loro casa, misero in atto le loro magie: all’istante  i Gnaus si trasformarono in sassi, più o meno grandi, a seconda della loro dimensione. Così sono rimasti pietrificati e si vedono ancora nei pianori a ridosso della casa delle Agane, sparsi, come in ordine sparso s’erano ripromessi di aggredire l’abitazione delle fate.
                La malga Aurint era la base d’appoggio dei Gnàus impegnati in miniera, lasciandola per ridiscendere a valle, e ripensando alla leggenda, non ci si può non fermare a cercare la casa delle Agane. Incrociando il rio Faeit , appena sotto la strada. E guardando i grossi blocchi di pietra sparsi nel bosco tutt’intorno, non si può non rivivere la  suggestione di quell’epica battaglia che ha visto i Gnaus pietrificati dalla magia delle fate.
               Come si sa, la storia dei Gnaus ha avuto un seguito!      Per secoli hanno chiesto perdono alle fate dell’acqua, promettendo che se avessero riavuto la vita sarebbero stati umili e sottomessi nei confronti delle donne. Alla fine le fate si sono lasciate impietosire  e, con una nuova magia, li lasciano rivivere ogni anno, ma sotto terra, sotto forma di rape: i più umili dei frutti della terra.
                Questo spiega il mistero che per anni ha angustiato le donne di Verzegnis, intente alla raccolta delle rape, o per meglio dire, dei “gnàus”. Strappando la rapa dalla terra si sente un leggero rumore, come un soffio. Nessuno sapeva darsi una spiegazione! Alla luce di questa leggenda invece, tutto è chiaro. E’ l’ultimo respiro dello “gnàu”, che venendo alla luce muore. Ma intanto ha lasciato alla rapa i suoi poteri magici. Per questo a Verzegnis si dice: “Una rapa al giorno toglie il medico di torno”. I “gnàus” non sono rape normali, sono  del genere “brassica rapa terapeutica” hanno dei poteri salutistici eccezionali: i poteri magici che   i “gnàus-sbilfs” vi hanno depositato.

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