Per quel che vale, unisco anche io il mio grazie e l’encomio
all’Anpi provinciale per la festa del 14
settembre con il Presidente della Repubblica a celebrare l’ottantesimo
anniversario dell’estate di libertà e la Repubblica Partigiana del Friuli.
Ma ora che non c’è il rischio di passare per
guastafeste, da curioso di storia, per amor di verità e per le riflessioni con
cui andrò a concludere, desidero precisare come, (secondo la mia ricostruzione
e salvo errori ed omissioni!), sono
andate veramente le cose durante quella che è stato definita “l’estate di
libertà”.
Nell’estate del 1944 la Carnia era controllata dai
Tedeschi con un Presidio misto di 350 uomini chiusi a Tolmezzo da dove uscivano
per sporadiche rappresaglie contro i 2000 partigiani che si andavano
organizzando su un territorio che poteva definirsi libero.
Anche se nessuno l’aveva liberato, perché non non c’era stata, come ad esempio nelle Valli del Torre, una vera azione per
liberarlo. Era libero per il fatto che i Tedeschi si erano ritirati a Tolmezzo
in attesa dell’arrivo dei Cosacchi.
Comunque si poteva parlare veramente di una Zona
Libera della Carnia, nella quale, durante l’estate, dimessisi o fatti dimettere
i Podestà si organizzarono le elezioni per i CLN - Comitati di Liberazione Nazionale
(17 giugno il primo ad Ampezzo) in tutti i Comuni, e anche in qualche frazione.
Di solito la partecipazione alle elezioni fu riservata ai capifamiglia, con il
metodo utilizzato per la elezione dei consigli di amministrazione delle
latterie sociali. Parteciparono quindi anche le donne, quando erano
capifamiglia. Nulla a che vedere quindi con una anticipazione del voto alle
donne che si avrà nel dopoguerra.
Questi organismi
democratici si unirono nei CLN di
Vallata e quindi nel CLN Zona Libera della Carnia. L’organismo carnico si
costituì l’8 agosto con la
partecipazione dei tre Presidenti dei Cln di Vallata e dei rappresentanti della
Garibaldi-Osoppo. Anche nella Tolmezzo occupata
si formò in segreto il Sottocomitato del Cln carnico, e nelle frazioni, che invece rientravano nella Zona Libera, si
costituirono i CLN di paese e le “Guardie del Popolo” .
Su sollecitazione del movimento partigiano locale, in
adesione agli inviti del Cln nazionale,,nella Zona Libera della Carnia si era effettivamente
dato vita a una organizzazione che ricordava quella
storica delle Vicinie nel Medioevo, riunite nei Quartieri e questi nella
Universitas Carneae.
Una iniziativa che ben a ragione potrebbe essere
portata ad esempio a livello nazionale, del primo formarsi di un sistema
democratico e che avrebbe titolo per essere definita come Repubblica partigiana
della Carnia.
Ma le cose
sono andate ben diversamente.
A settembre infatti i rappresentanti dei Partiti
Politici Udinesi hanno visto il vantaggio d’immagine che poteva venire loro
dalla possibilità di mettere il capello su quanto di bello dal punto di vista
democratico si andava sviluppando in Carnia, Si sono quindi trasferiti ad
Ampezzo hanno fatto dimettere (sic!) il Cln carnico sostituendolo con una
Giunta di Governo costituita dai segretari dei partiti udinesi con l’aggiunta
di qualche carnico.
E’ questa Giunta di udinesi, insediatasi ad Ampezzo che
prenderà il nome di Repubblica Partigiana del Friuli (non della Carnia, e
tantomeno della Carnia e dell’Alto Friuli!) , iniziando ad operare il 26
settembre e continuando a riunirsi per soli 12 giorni...
Cosa ci sia in questo che ci consenta di andare fieri
come Carnici non so! Anche leggendo la spiegazione del fatto data da
Lizzero al convegno di Ampezzo nel quarantennale
quando ricordò che, il coordinamento Garibaldi-Osoppo convenne sulla “opportunità e necessità di dare alla Zona
libera una Giunta di Governo e di sciogliere quindi il CLN carnico, assolutamente
incapace di far fronte ai giganteschi problemi presenti.”
Dall’intervento di Lizzero ad Ampezzo nel 1984 si
ricava anche che il passaggio dal Cln Zona libera, alla Repubblica Partigiana
era voluto dal PCI in qualche modo ad imitazione della Repubblica Partigiana di
Caporetto, ma osteggiato dalla Osoppo e dai Cln, e in particolare da quello di
Tolmezzo, contrario a “rendere duratura
la Zona Libera per non attirare le rappresaglie nemiche”.
L’azione dei Tedeschi aiutati dai Cosacchi per
riprendersi le Zone Libere, partì il giorno dopo la costituzione della Giunta
di Governo di Ampezzo, il 27 settembre, nella Valli del Torre, con la
distruzione dei paesi di Nimis Attimis e Faedis e il massacro della popolazione
civile. Finita l’operazione nelle valli del Torre sarebbero arrivati in Carnia
I carnici erano contrari ad andare allo scontro con i
Tedeschi, condividevano la posizione dell’Arcivescovo Mons. Nogara per il quale non aveva senso un conflitto di
2000 partigiani male armati contro 20.000 Tedeschi e Cosacchi armati di tutto
punto, e che quini non aveva senso far subire alla Carnia ciò che avevano subito le valli del Torre.
Ma è stata la Giunta di Governo degli Udinesi a decidere
e a portare la Garibaldi a scegliere lo scontro armato, e poi anche la Osoppo a prendere posizione
contro l’Arcivescovo: “L’onore di combattenti
non permette di ascoltare l’accorato appello de nostro Presule”.
Il 6 ottobre Lizzero ad Ampezzo sospende la riunione
del CLNZL, per leggere la lettera che il dott. Bearzi di Socchieve ha ricevuto,
come tutti i parroci della Carnia, da parte dell’Arcivescovo, (lettera del 3
ottobre che il parroco di Imponzo aveva già portato a Candotti) il giorno prima,
e propone di deferire Bearzi al tribunale militare perché l’invito del Presule
a non andare allo scontro metteva il popolo contro i partigiani.
Lo scontro armato iniziò l’8 ottobre e durò praticamente un giorno
nella valle del But con qualche altro giorno di “difesa elastica”, Durò poco, vista
la sproporzione delle forze in campo, ma diede purtroppo ai Cosacchi il
“diritto di guerra”, il potere cioè di rifarsi sui civili con ogni forma di
angheria.
Non ci furono
le distruzioni della Valli del Torre evidentemente perché i Cosacchi sapevano
che le case e i paesi erano stati
assegnati a loro, erano la loro Kosakenland, ma fu saccheggiata la valle del
But e furono stuprate tutte le donne che non erano riuscite a salire e nascondersi
in montagna, ci rimise la vita il parroco di Imponzo don Treppo.
Anche ora ci sono in corso delle “guerre di
principio. Ma ho le mie riserve sul fatto che sia la guerra la soluzione per risolvere ed affermare i
“giusti principi”.
Ma nello specifico della storia della Carnia ci tengo
a precisare come sono andate le cose, non per spirito di polemica, ma perché il
ribaltamento del racconto mi sembra sia
all’origine anche di tanti mali della Carnia d’oggi.
Invece che lamentarsi d’essere stati incastrati dagli
udinesi, per un inspiegabile masochismo, i carnici hanno trasformato l’episodio
in un fatto di cui gloriarsi e ne hanno fatto uno dei miti fondanti della
cultura carnica del dopoguerra.
Inseguendo i miti della Comunità Libera della Carnia,
ci si è dimenticati che non c’era mai stata la istituzione Carnia, ma c’erano
stati i paesi-vicinia, le organizzazioni di vallata. Si doveva ripartire dai
paesi e invece si pensava alla utopia della Comunità tanto conclamata quanto
mai veramente sentita, fino ad alzare il livello dell’utopia alla Provincia
dell’Alto Friuli.
Ma forse si è ancora in tempo a uscire dal sogno e,
ricordando che l’originalità della nostra
storia, anche nella estate di libertà, è stata quella di aver saputo partire dal basso, dai paesi,
provare a mettere mano alla Carnia in agonia, ripartendo dalla ricostruzione sociale dei paesi, pensando
alle comunità di villaggio.
Una ricostruzione bottom up e non top down direbbero
i sociologi.!
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