Per occupare il lokdown, fra gli altri libri sto rileggendo “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger e mi ha colpito il commento del Papa alla parabola del buon samaritano (pag. 231). In questi giorni dominati dalla necessità del distanziamento, mi sono trovato a riflettere su come la nostra società abbia perso il valore della prossimità. Nei paesi della società contadina, tutti erano prossimi tra loro. Tutti conoscevano tutto di tutti. A volte solo per sparlare. Ma anche lo sparlare è in qualche modo condivisione. Oggi non si sa nulla neppure di chi ha l’appartamento che dà sul nostro stesso pianerottolo.
Cosa significa avere dei “prossimi”? Chi è il
tuo prossimo? Alla domanda, ricorda il papa Emerito, il Vangelo risponde con la parabola del
samaritano. C’era un uomo ferito sulla strada, ma un sacerdote ed un levita
passarono oltre. “Forse più per paura che per indifferenza” commenta il Papa.
Arrivò un samaritano, un estraneo se non un nemico ed ebbe invece compassione.
Traduciamo in questo modo un termine molto più forte perdendo “l’originaria
vivacità del testo”: più esatto sarebbe tradurre “gli si spezzò il cuore”,
continua il Papa. La vista dell’uomo ferito lo prese nelle viscere, nel
profondo dell’anima.
Il valore della prossimità sta non in un
atteggiamento caritatevole o assistenziale, ma nel sentire il prossimo dentro
di noi, parte di noi. Il prossimo, non soltanto l’amico!
Il samaritano non è né un prete né un levita, ma
è uno che ha il coraggio di essere uomo. In quanto uomo sente il prossimo come
un fratello del quale non ci si può disinteressare. Perché, dice il Papa, se
sei veramente uomo, l’altro, il fratello entra in te, diventa parte di te, come
se fosse un elemento del tuo corpo. La ferita anche del dito mignolo è un
grande dolore per tutto il corpo.
E questa non è una verità di fede, ma un
discorso assolutamente laico per i laici. Il bello del libro, a mio avviso, è che per la prima volta un Papa scrive da
laico.
Non è un discorso di sinistra, perché il
samaritano non lascia tutto per mettersi a fare il missionario nella pretesa di
salvare l’umanità. Il samaritano è un mercante, iscritto alla confcommercio se
non alla confindustria, che continua a fare il suo mestiere. Ma è prima di
tutto un uomo, cui si spezza il cuore quando incontra un prossimo…Possiamo
immaginarci una società di mercanti ai quali si spezza il cuore? Perché no? Un
ideale è sempre un punto di arrivo, non di partenza.
Nell’ultimo
capitolo della Storia della Carnia che ho pubblicato per Biblioteca
dell’Immagine prima che scoppiasse la pandemia, immagino una ripresa di
sviluppo del territorio che parta dai paesi, ricostituiti come erano le
storiche “vicinie”. La pandemia rende ancora più attuale la prospettiva. Avrà
un senso vivere in montagna se avrà un senso vivere nei paesi ridiventati luoghi di prossimità. Perché forniti dei
servizi di prossimità. Certo. Ma anche perché ridiventati luoghi ove si vivono
i rapporti di prossimità nei termini su cui porta a riflettere il Papa emerito.
Sarebbe un passo importante, se attraverso i servizi di prossimità si riuscisse
a reintrodurre il valore della prossimità. Il vivere in paese diventerebbe
allora un modello di eccellenza per la qualità della vita, capace di attrarre
gente, non di indurla a emigrare, come ora avviene.
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