In un intervento
finalizzato a confutare Antonio Toppan il maestro di Ovaro che già
nel 1948 scriveva “Fatti e Misfatti della Resistenza in Carnia”,
Matelda Puppini mette anche me tra di dissacratori della Resistenza.
In questi anni mi
sono abituato al fatto che ognuno ti giudica con il suo metro, non
mi sorprende quindi che Matelda mi giudichi uomo di parte, portatore
di una visione “acritica della Resistenza”. Io più semplicemente
ed umilmente sto cercando di ricostruire la verità togliendo il velo
delle mistificazioni. Il paradosso che m'è capitato è quello di due
amici che mi hanno attaccato come dissacrtore, affermando di “non
aver letto e di non voler leggere il mio libro”. Mi sorge il dubbio
che anche Matelda non abbia letto, quando dice che il mio titolo non
è originale. A pagina 6 in nota ho scritto che l'ho tratto da
Gortani che intelligentemente rovescia il termine Assedio di
Tolmezzo, usato da qualche storico in Assedio della Carnia. Fu questo
l'estate del '44, l'estate delle pulci e della fame. Libera la Carnia
era, senza che nessuno l'avesse liberata, ma perchè i tedeschi si
erano ritirati a Tolmezzo, attendendo l'arrivo dei Cosacchi. La
Carnia finì sotto assedio degli stessi partigiani carnici che
imposero un regime da assedio, impedendo i rifornimenti. E fu la fame
di cui parla Gortani! Perchè?
Il termine
“dissacrare” mi fa venire i brividi. Non c'è mai nulla di sacro
in una pagina di storia, va letta sapendo che ci sono luci ed ombre.
In estrema sintesi la nostra pagina di storia si riferisce al fatto
che circa duemila carnici si sono ritirati sulle montagne per evitare
la chimata alle armi. Giustamente! Tra loro qualche idealista e anche
qualche “poco di buono” che approfittò del fatto che faceva le
leggi chi aveva uno sten in mano. A Matelda, quando avrà finito di
confutare Toppan, consiglio di occupare l'estate visitando la Carnia,
da Paularo a Prato Carnico, passando per Lauco e Vinaio, chiedendo
agli ultraottantenni cosa ricordano di quel periodo. Se avrà il
coraggio di far una relazione con onestà intellettuale di ciò che
ha “sentito dire” da chi ha vissuto quella “estate di libertà”,
ci darà un testo che farà impallidire ciò che ha detto Toppan e
anche ciò che ha vissuto nella fantasia il mio “partigiano Gianni”
Prima che sia
troppo tardi è il caso di uscire dai convegni ove quattro storici se
la cantano e se la suonano, per dirici la verità. Trovando libera la
Carnia i segretari dei Partiti Politici udinesi, hanno avuto la bella
idea di impiantarvi la Repubblica Partigiana del Friuli (non della
Carnia, e tantomeno dell'Alto Friuli, come scrivono storici di
grido!). Altrochè autonomismo! I duemila imboscati in montagna non
hanno fatto nessuna azione che potesse venire ricondotta ad una
strategia. A Nojaris con Aulo Magrini c'erano solo altri sette. E gli
altri dove erano? Dopo una inutile resistenza l'8 ottobre, che costò
“le stuprate della valle del But”, i duemila si sono squagliati e
più o meno solo duecento hanno resistito nell'inverno. A reprimere
gli ultimi focolai sono arrivati quarantamila cosacchi. A maggio si
sono ripresentati gli “squagliati” a cercare qualche medaglia ed
è nata la strage di Ovaro. Questi i fatti sui quali cerco di
riflettere non “dovendo molto a Toppan” ma usando Toppan come una
delle voci da mettere a confronto.
So cosa sono
quelli che si definiscono i valori della Resistenza nei quali mi
riconosco, so che cosa è stata la Resistenza in Italia ed i meriti
che ha avuto. Faccio fatica ad inquadrare in questo contesto la lotta
partigiana che si è svolta in Carnia. Mi interessa capirla perchè è
il terreno culturale su cui si è sviluppata la Carnia del dopoguerra
e anche quella odierna. Lo faccio da insegnate di storia che ha
sempre avvertito gli alunni che non esiste un testo da imparare, ma
più testi da confrontare, per farsi una propria idea. Nella
ricostruzione a cui sono giunto fino qui (e non è finita!) Aulo
Magrini, è un eroe, ma il suo eroismo non può coprire nella
“sacralità della Resistenza”, i soprusi le vigliaccherie, i
comportamenti banditeschi che hanno portato fame e sofferenze alla
gente di Carnia.
Se questa è una
visione acritica di attacco alla Resistenza! Posso scusare la critica
solo tenendo presente che chi considera “sacra” una cosa, fa un
atto di fede, e non può accettare che la sua fede venga messa in
discussione. Ma la Resistenza in Carnia è una pagina di storia
(sacrale?)nda ricostruire in maniera laica, con onestà
intellettuale, mettendo a confronti documenti e ricordi, (anche
quello di Toppan!) . Dopo settanta anni è il caso di provarci, senza
che questo passi per un “attacco alla scaralità della Resistenza”!
1 commento:
Condivido in pieno la sua disamina perché onesta critica, imparziale. Un buon insegnante è proprio colui che riesce a uscire dai propri panni ideologici per vestire quelli della ragionevolezza e della fedeltà storica. Non si può valutare la Resistenza in Carnia, come qualsiasi altro evento storico, senza unire la molteplicità delle visioni a costo di veder dissacrati i miti nei quali si è creduto. La verità storica è frutto di fatti accertati e di ricostruzioni che siano la risultante di tutte le testimonianze anche quelle scomode o non appartenenti alla propria visione ideologica.
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