Abbiamo sempre affrontato i problemi dello sviluppo del nostro territorio come “problema montagna”. Forse è il caso di modificare i termini e quindi la prospettiva, e di iniziare a parlare del “problema Carnia”.
Quando ci si riferisce ad un problema montagna sembra quasi si voglia affermare che la montagna costituisce un problema in quanto tale: montagna sinonimo di sottosviluppo. Eppure sappiamo tutti che ci sono montagne caratterizzate tutt’altro che da sottosviluppo. E comunque la montagna in sé non è un problema ma semmai una peculiarità che deve essere tenuta presente, nella risoluzione del problema e che potrebbe diventare un valore aggiunto.
Ai tempi del referendum i sostenitori della necessità della nuova Provincia enfatizzavano il vantaggio che sarebbe derivato da un nuovo istituto a democrazia diretta. Si dava la colpa del mancato sviluppo alla mancanza di democrazia diretta.
Montagna e democrazia sono sempre stati così utilizzati come alibi per non affrontare il problema del perché la Carnia sia ancora un territorio in ritardo di sviluppo. Eppure si tratta d’un territorio lambito dall’Austostrada Venezia-Monaco e quindi tutt’altro che marginale ma anzi al centro del sistema Europa. Un territorio con una viabilità interna discreta, un patrimonio edilizio rinnovato dopo il terremoto. Un territorio che, a detta di tutti i visitatori, ha avuto dalla natura e dalla storia caratteristiche distintive eccezionali, potenzialità turistiche sottoutilizzate. Un territorio con risorse umane ad alta scolarizzazione, ecc. ecc.
Ma tutti questi punti di forza non sono stati sufficienti a creare le condizioni per un adeguato sviluppo economico e sociale, che faccia del territorio una terra di elezione e non di emigrazione.
Come mai? Ci deve essere un elemento di debolezza, una criticità che neutralizza gli asset positivi! Certo! Ma il paradosso, a mio avviso, è che questo elemento, in sé costituirebbe un vantaggio competitivo. Si tratta dell’identità, del carnicismo, del sentirsi carnici. Un sentimento che, unendoci, dovrebbe costituire un punto di forza. Invece costituisce un punto di forza quando lo opponiamo agli altri, diventa elemento di debolezza quando lo viviamo al nostro interno. Quello che positivamente diventa orgoglio carnico e ci stimola nel confronto con gli altri, quando siamo tra noi diventa vuoto campanilismo, invidia in negativo, desiderio di demolire invece che di costruire. L’elemento in più diventa un problema, come capita alle volte ad un a squadra di calcio per la quale il vantaggio di avere un fuoriclasse, porta al risultato negativo di una squadra che non gira.
Che fare? Intanto sarebbe importante che ci trovassimo a condividere la diagnosi. Continuando a dire che il problema è della montagna o delle istituzioni, perdiamo solo tempo ad immaginare prognosi inutili. Se invece ci convinciamo che il problema è culturale, sarebbe più facile mettersi d’accordo su un progetto nuovo, per un nuovo percorso di rinascita. Avremmo finalmente capito da dove partire!...
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