sabato 19 gennaio 2013

PIEDIM E LA SO INT

Mi è stato dato l'onore ed il piacere di presentare il libro Piedim e la so Int. Piacere perchè guardando alle foto della storia di Piedim, ho rivissuto quella del mio paese, come quella d'ogni piccolo paese di Carnia. Onore perchè presentare è come mettere la parola fine su un lavoro, il timbro di convalida. Ed è per me stata un onore presentare un libro di così alta qualità, mettere la parola fine ad una impresa di così alto livello come quella che ha portato a realizzare questo libro. Tanti altri paesi hanno raccolto e pubblicato fotografie, quello di Piedim non un è un album, ma il risultato di un lavoro scientifico come sottolinea Maria Cristina nella sua presentazione. Si è partiti dall'idea di ricostruire la storia del paese, ricostruendo gli alberi genealogici, per risalire indietro nel tempo per quanto possibile, riprendendo la passione di Don Roja il prete al quale dobbiamo il salvataggio di tanti archivi parrocchiali della Carnia. In tutti i paesi nei quali ha prestato servizio da Fusea a Pesaris ci ha lasciato le sue ricerche sugli alberi genealogici. E' il sistema più adatto per ricostruire la vita, prima che la storia dei paesi perchè gli alberi genealogici sono appunto un racconto vivo di nascite, di morti, di matrimoni all'interno del paese e di innesti con altri paesi in una trama che è la trama della storia della Carnia. Dietro ai rami di quegli alberi, dietro alle date c'è il mistero delle coincidenze, del destino che si fa vita degli individui per diventare vita del paese. E le foto (la sceonda parte della ricerca) si sono aggiunte, come logica conseguenza, come è logico che a primavera un albero dia le foglie. Un lavoro eccezzionale in assoluto, ancor più perchè realizzato da un dei borghi più piccoli della Carnia. Una presentazione organizzata in maniera scientifica, con la divisione in sezioni, con le indicazioni su ogni foto, con l'indice dei nomi in fondo come in un vero lavoro scientifico. Le sezioni in una loro successione logica: Ciantons di pais,(i luoghi come erano, dagli angoli di Piedim a Rinch), ma i luoghi hanno un fascino, sanno suscitare una suggestioni se li immaginiamo con le persone che vi hanno vissuto. Mi hanno colpito le foto delle passerelle sul Chiarsò o sul rio Poi, quasi simbolo della precarietà della vita in Carnia. La seconda sezione come dice anche il titolo Piedim e la so Int è dedicata alle persone, o meglio a Las famees perchè nella cultura carnica la famiglia viene prima e al di sopra della persona, E dalla gente alla storia, in un secul di ricuarts, istantanee di pagine di vita in paese e dall'estero a sottolineare che la storia di Piedim come quella di tutti i paesi della Carnia è storia d'emigrazione in ogni parte del mondo dall'Austria alla Francia dalla Germania all'Argentina, luoghi ove i piedimòs sanno farsi valere ed apprezzare come si può notare dalle facce e dagli abbigliamenti. Sembra veramente che i nostri paesi siano come dei vivai dove le piante mettono le radici, ma se poi vengono trapiantate altrove diventano particolarmente fiorenti. In queste foto ritrovo il vivere di paese come vivere la prossimità nei suoi aspetti negativi e positivi E poi la sezione Int di glesie, che era già stata anticipata dalla foto dell'arrivo delle campane, (asportate nel giugno del '18) perchè la storia dei nostri paesi era scandita dalle feste dalle processioni, da una fede calata nel paese come elemento portante della identità di paese. E poi il futuro delle sezioni Nuviçs e Canais, perchè la speranza di vita d'un paese sta nei matrimoni e nei bambini. Ma la speranza è tanto più grande quanto più profonde sono le radici e la presentazione si chiude con il tentativo di risalire alla scoperta delle radici più profonde nella sezione Int di chel altri secul. Con i limiti imposti dalla storia della fotografia che si afferma soltanto nella seconda metà dell'800. Dove non arriva la fotografia arriva la ricerca d'archivio sugli alberi genealogici che risale molto addietro nel tempo e si fonde con la ricerca storica, breve ma puntale nella presentazione di Maria Cristina che ricorda l'origine del nome secondo la ricostruzione di Ezio Banelli, Ai Piedi di Lovea. La prima citazione in qualche documento nel 1505, (dopo la peste del 1439?) ma nel 1606 si sostiene che Piedim è ancora soltanto un casolare con sei abitanti che vivevano utilizzando la “comugne” i prati di proprietà comunale. Il settecento in Europa è il secolo della rivoluzione industriale e la rivoluzione arriva fino a Piedim che diventa per quei tempi una vera zona industriale con ben due segherie e due mulini, Così, oltre ad essere bravi menàus come in tutto l'Incarojo, l'utilizzo del Chiarsò per la fluitazione dei legname della valle fa sì che gli abitanti di Piedim si specializzino come ciattàrs o ciattarui. Le due segherie consentono un apprendistato che fa dei Piedimos esperti segantini e delle donne esperte filere.. Le ultime foto ci rimandano alla prima guerra mondiale. Il fronte è a breve distanza. Scrive don Facci parroco di Lovea il 14 settembre del 15 Alle nove circa un aeroplano nemico passa la frontiera e vola sulla Carnia, è il primo aereoplano che solca il cielo carnico, nel popolo un senso acuto di stupore e di timore”. E il 25 novembre del 1916 in un boschetto vicino a Piedim nel Selet-Predenon cade l'aereo abbattuto da Francesco Baracca, secondo quel che racconta Guido della Schiava. Ma la foto capolavoro è quella che giustamente è stata messa in copertina. Nel 1926 il duce dà inizio alla bonifica della palude Pontina. Nel 27 i piedimòts danno avvio alla bonifica del Clap di Piedim, si mettono in pratica a spianare montagne!!! Sull'esempio del coraggio dei loro nonni non mancherà certo il coraggio ai ragazzi di Piedim che hanno realizzato questa impresa capolavoro, di dedicarsi ad una terza parte per riscrivere nei dettagli la storia del loro paese. Sarà un modo per scoprire il senso profondo delle proprie radici per ritrovare il valore della propria identita, con l'augurio appunto che: l'albero della vostra vita abbia fronde vigorose e dia frutti copiosi quanto saranno profonde le radici che saprete mantenere con la terra nella quale ha trovato linfa il vostro esistere.